Nella cittadina svedese il festival diretto da Jan Lundgren, tra Europa e America

jazz

Nell'ambito della rassegna "Creator - Faenza musica sacra", dopo una giornata di studi dedicata a "Betulia liberata" di Jommelli, l'oratorio a quattro voci, coro e strumenti del compositore napoletano è stato eseguito nella chiesa di S. Agostino dall'Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone. Esecuzione efficace e suggestiva che ha registrato un meritato successo.

Un'orgogliosa dimostrazione di perfezione e bravura da parte del Coro e dell'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, galvanizzati dal loro direttore Antonio Pappano.

Dopo anni d'assenza torna sulle scene della Staatsoper di Vienna il Moses und Aron. L'opera, spesso definita irrappresentabile, nella regia di Nickler diviene un organismo teatrale coerente e, nella lettura musicale di Gatti, esplorazione e viaggio dentro un complesso universo sonoro e compositivo. Il pubblico supera le incertezze iniziali e acclama, con alcune riserve nei confronti della regia a tratti molto forte, il nuovo allestimento.

Jossi Wieler e Sergio Morabito firmano una regia abbastanza convenzionale a dispetto diuna presunta "modernità" sbattuta in faccia dello spettatore dell'Alcina di Lione. Per fortuna, qualche cantante, tra cui Ann Hallenberg, salva lo spettacolo.

Peter Sellars ritorna all'opera mozartiana, ma nonostante persegua con tenacia una particolare visione della Zaide - interpretata come messaggio di tolleranza religiosa e come arringa per la multiculturalità - fallisce in definitiva proprio di fronte alla frammentarietà dell'opera e nel proporre cantanti dalle più disparate madrelingue e dalla dizione "babelica".

Teatro Ciak, Milano. Sul palco, defilati sulla destra, l'olandese Ernst Reijseger al violoncello, il senegalese Mola Sylla alla voce e percussioni varie, il coro tradizionale sardo Tenore e Concordu de Orosei. Sulla sinistra la proiezione di alcune sequenze dell'ultimo film di Werner Herzog, The Wild blue Yonder (2005). Non si tratta però di una proiezione cinematografica con colonna sonora live, quanto piuttosto di un vero e proprio concerto.

Una serata di alto livello, con l'esecuzione dell'intero "Manfred" di Schumann su testi di Lord Byron.

Il pianista iraniano sorprende e incanta con il "suo" Bach offerto alla memoria di Verti.

La nuova produzione di Così a Glyndebourne rende omaggio alla profonda umanità di Mozart, ma si rivela insoddisfacente dal punto di vista musicale.

Una esecuzione dove non si respirano italianità e risorgimentalismi, ma approcci diversificati, frutti di diverse culture interpretative.

Dante - Berio - Sanguineti ossia quei formidabili anni Sessanta: ottima esecuzione, realizzata da Tempo Reale per Fabbrica Europa, di Laborintus II per voci, strumenti e nastro magnetico, scritto nel 1965 per il settimo centenario della nascita del poeta fiorentino.

Il Massimo di Palermo rispolvera "Vanessa", dramma delle solitudini di Samuel Barber assente dall'Italia dal 1961. Un affresco senza tempo dedicato alle contraddizioni della società americana del dopoguerra.

Annunciato in forma di concerto, questo Don Giovanni si è trasformato in una messa in scena sui generis, con mezzi minimi, ma teatrale e modernissima per il suo modo di sfruttare uno spazio non teatrale. E l'assenza d'un regista libera l'innata teatralità d'un gruppo di cantanti che dimostra capacità di gestirsi autonomamente e idee interpretative spesso acute.

Lo splendido Papageno di Adrian Eröd salva la serata, che altrimenti sarebba stata noiosa fino all'insopportabilità. Il concetto registico di Lupa, infatti, non ha saputo dare grandi stimoli e emozioni a un pubblico che era venuto alla rappresentazione pieno di aspettative e curiosità per il primo allestimento operistico di questo celebre regista teatrale polacco.

Gavin Bryars propone una musica plasmata sulla materia compositiva attraverso impianti post-minimalisti sui quali innesta l'uso dell'improvvisazione guidata, della sovrapposizione tra elettronica e performance acustica dal vivo. Caratteri emersi anche nel concerto proposto al Teatro Comunale di Modena, nell'ambito del festival "L'altro suono". Tra brani "classici" e altri più recenti il concerto ha soddisfatto un pubblico non numeroso.

Sir John fra i borghesi e le fate punk di un'Albione moderna: cordiali accoglienze al Comunale di Firenze per il Falstaff di Mehta e Ronconi, unico titolo operistico sopravvissuto ai tagli del sessantanovesimo Maggio Musicale Fiorentino, festeggiato protagonista Ruggero Raimondi

Nella meravigliosa "Bayadère" che Marius Petipa creò nel 1877 a San Pietroburgo sulla musica di Minkus, un classico del tardoromanticismo, spicca Svetlana Zakharova con Roberto Bolle, accompagnati dignitosamente dal corpo di ballo della Scala.

Uno spettacolo fantasioso ma musicalmente debole, nella regia di Davide Livermore e diretto con poca efficacia da Tomas Netopil.

Conquistano senz'altro il pubblico le "Tre piccolissime musiche notturne" di Nicola Campogrande, omaggio mozartiano commissionato dall'Orchestra della Toscana, sul podio l'inglese Paul Daniel.

La poco rappresentata "Oca del Cairo" di "Mozart" nella versione di Stephan Oliver è andata in scena per la prima volta in Austria presso la Kammeroper di Vienna. Una regia giocosa ma precisa e interpreti dalla forte presenza scenica hanno condotto l'allestimento al meritato successo.

Il Cirque du Soleil torna a Milano e a Roma con "Alegrìa", ed è il trionfo della magia del circo ricondotto alle radici, al senso di meraviglia, al fiato sospeso, alla risata franca e senza retrogusto di tristezza.

Andrej, scienziato,decide di andare a riposarsi in campagna da Pessotski che ha dedicato la propria esistenza ad edificare il suo frutteto.Lo aiuta la figlia Tanja.La campagna inebria lo studioso,che non si preoccupa quando comincia ad avere le visioni di un monaco nero che vaga per la campagna,e chiede Tanja in moglie.Presto si palesano i segni dello squilibrio mentale di Andrej.Egli maltratta il vecchio che muore.Andrej è vittima della follia.

Ospitato alla Sala Tripcovich nell'ambito della seconda rassegna "Salotto cameristico", il magnifico concerto, che è stato registrato live per un cd di prossima uscita, si è avvalso di una acoustic shell (una struttura modulare lignea in multistrato ignifugo) installata sul palcoscenico per ottimizzare al meglio timbri e dinamiche del solista e dell'ensemble, e progettata grazie alla collaborazione tra Studio Musica, Salv.a.ti e Suono Vivo. Ad aprire la soirée le mirabili virtù poetiche e amoureux del "Concerto K. 414" di Mozart: la dizione levigata, l'elegante tornitura del discorso e la trasparente qualità del timbro di Andaloro paiono nascere da una miracolosa coincidenza tra controllo manuale e controllo mentale.

Lo strano esercizio fantamusicologico di Dialogus produce un monodramma dall'estetica ambigua

Un allestimento scarso di idee, ma ben servito da un'Orchestre national in piena forma, diretta con sicurezza da Evelino Pidò.

Nell'episodio finale della tetralogia Wagneriana Keith Warner offre più punti interrogativi che risposte

Un "Trovatore" catapultato nell'Ottocento ha aperto il Festival Verdi 2006, proponendo un allestimento del Covent Garden di Londra e Teatro Real di Madrid. Discreta e funzionale la regia di Moshinsky. Bene nel complesso il cast vocale, con Alvarez che debuttava nel ruolo di Manrico e Cedolinis che sostituiva Raspagliosi. Personale e raffinata la direzione di Palumbo. Pubblico entusiasta.

Al Teatro Dal Verme di Milano il primo degli appuntamenti di musica contemporanea dedicati dall'ensemble Sentieri Selvaggi alla creatività femminile.

Ben più scarso il gradimento del pubblico alla terza puntata del trittico dapontiano confezionato da Daniele Abbado e Jonathan Webb.

In un'epoca in cui i registi d'opera sembrano piuttosto affossare che favorire lo spettacolo, Daniele Abbado propone un esempio di sobrietà e intelligenza, fra le migliori prove della sua carriera