Nella cittadina svedese il festival diretto da Jan Lundgren, tra Europa e America

jazz

Una Piazza del Popolo stracolma di pubblico accoglie "Die Zauberflöte" in una deludente messa in scena. Svetta su tutti Claudio Bisio.

E' ricco di scene ad effetto, drammaturgicamente molto efficaci, il " Ballo in maschera" di Verdi in scena da ieri sera al Teatro Regio di Torino in un allestimento, coprodotto con il Bellini di Catania e il Maggio Musicale Fiorentino, con la regia di Lorenzo Mariani, le scene di Maurizio Balò, i costumi di Maurizio Millenotti e le luci (molto belle) di Christian Pinaud. Niente settecento lezioso e in crinolina ma il "duro" bianco e nero da film degli Anni Trenta.

La Staatsoper di Vienna propone una "Daphne" in un nuovo allestimento che convince per la scelta del cast ma che annoia per la sua regia.

Con "La bohème", dopo quasi quarant'anni con la lirica torna all'Arena Flegrea: con le sue bianche pareti di travertino e le sue torri metafisiche, certo la più bella delle architetture sorte all'interno della Mostra d'Oltremare. Proposta come spettacolo popolare, questt'allestimento pur seguendo una linea piuttosto tradizionale, non ha niente di plateale, ed anzi si presenta con un suo garbato decoro.

Nelle tre ore luminosamente perfette, gestualmente sacrali firmate da Robert Wilson non vediamo un complicato e "politically boaring" collage di Oriente e Occidente, ma siamo di fronte ad un vero magistrale riuscito rito spirituale "mondiale", che traduce sulla scena, un perché siamo nati alla vita accoppiati, facendo bambini nella rabbia e nella gioia, nel sublime abbraccio e nell'ira sanguinaria.

Impianto registico tradizionale, senza particolari idee forti, con grandi affollamenti nel primo atto. Energica direzione di Oren con un'ottima prova della Cedolins e di una buona compagnia di canto.

Heineken Jammin' Festival è nato nel 1998, e l'ha battezzato il più rock e smodato dei cantautori italiani, Vasco Rossi. Ora è un festival gigantesco, piazzato nella comunque suggestiva e comunque bene attrezzata realtà dell'autodromo di Imola, una tre giorni in cui sul palco si sono alternati lo scorso week-end tra gli altri Fatboy Slim, Massive Attack, The Cure, Ben Harper, Pixies, PJ Harvey, Lenny Kravitz, Articolo 31 e Caparezza.

Una drammaturgia del non-dicibile, dell'assenza, fatta di implosioni abbaglianti, contraddistingue il "Macbeth" di Salvatore Sciarrino, "tre atti senza nome" in prima italiana a Roma grazie ad una realizzazione di ottima qualità (sia interpretativamente, sia scenicamente).

"Der Rattenfänger" di Friedrich Cerha nel nuovo allestimento dell'Opera di Darmstadt e delle Festwochen Wien convince soprattutto per coerenza drammatica, con slanci che rendono sempre stimolante la rappresentazione, nonostante le sue tre ore abbondanti di durata.

È probabilmente una delle partiture operistiche più ardue del Settecento. Il virtuosismo richiesto all'orchestra de "Les Boréades" è notevole, e l'innegabile influsso musicale italiano esige che anche i cantanti - cosa eccezionale per una tragédie lyrique - dispongano di una padronanza del canto di bravura paragonabile a quella di un virtuoso händeliano. Non è da escludere che proprio le difficoltà esecutive siano state la causa della mancata esecuzione dell'opera nel 1763 (al di là dell'ipotesi di un intrigo). Fatto sta che l'esecuzione da parte dell'orchestra "La scintilla" dell'opera di Zurigo non ha certo brillato per esattezza. Se da una parte è vero che i corni naturali sono sempre un terno al lotto per le orchestre barocche (ed infatti l'ouverture dell'opera è stata piuttosto compromessa da cornisti in difficoltà), d'altra parte, a giudicare dalla spesso imbarazzante 'performance' di flauti, ottavino e oboi, si aveva quasi l'impressione che il numero di prove non fosse stato sufficiente.
Peccato, perché l'infuocata direzione di Marc Minkowski, favorendo i contrasti dinamici e il movimento anche nei momenti più estatici dell'opera, necessitava di uno strumentario ineccepibile. Più fortunato è stato in questo senso sul fronte vocale. Richard Croft ha padroneggato l'ardua tessitura acuta del ruolo di Abaris con bravura e raffinatezza interpretativa (da notare soprattutto i suoi pianissimo), mentre Annick Massis, all'inizio un po' incerta, ha dato vita ad una Alphise di struggente lirismo. Bravi anche gli interpreti degli ardui ruoli di contorno, con una menzione particolare per il Calisis di Tom Allen e per la breve, ma stupefacente apparizione del giovane basso François Lis nel ruolo di Borée.
La regia di Laurent Pelly ha cercato di evitare una simbologia troppo carica ed ha ambientato il tutto in una dimensione astratta, strutturando con fantasia lo spazio scenico grazie ad una serie di pareti poste su pedane girevoli concentriche che si muovevano in diverse direzioni. Efficaci le coreografie di Lionel Hoche e davvero bravi i giovanissimi ballerini dello Junior Ballett.

Il Ravenna Festival ha aperto la propria quindicesima edizione affidandosi alla costellazione musicale di Philip Glass, un caleidoscopio di suoni e di timbri che hanno rappresentato l'idea di "musica del mondo" del compositore di Baltimora. Soddisfatto il pubblico.

Un allestimento che non riesce né innovativo né illustrativo, con una compagnia di canto volenterosa ma non troppo elegante, e un direttore più intento a smorzare che a sostenere.

Il Maggio Musicale Fiorentino rende omaggio a Dallapiccola nel centenario della nascita con il dittico "Volo di Notte" e "Il Prigioniero": l'accostamento dei due atti unici rende conto di un percorso compositivo sofferto e personale verso la modernità. Sul podio Bruno Bartoletti, regia di Daniele Abbado, nel cast spicca soprattutto Rosalind Plowright, ottimo successo.

Secondo e ultimo allestimento operistico del Festival Verdi 2004, "Il corsaro" del Regio di Parma ha presentato uno spettacolo piacevole, riuscendo a sottolineare l'interesse per un Verdi "minore".

L'allestimento della Neuköllner Oper di Berlino rinuncia del tutto a interpreti femminili, rivisitando la partitura mozartiana alla ricerca del senso dell'amore.

Come già successo più volte in conclusione della stagione dell'Orchestra della Toscana, Ort e Orchestra Giovanile Italiana hanno mescolato i propri ranghi per Mahler: una Sesta portata al miglior successo dalla direzione salda e serrata di Roberto Abbado

Trionfale ritorno di Claudio Abbado a Berlino, con l'orchestra di cui è stato per dodici anni direttore musicale. Una serata di emozioni indimenticabili, vissute dal pubblico e dai musicisti con commossa partecipazione, a confronto con le visioni siderali di Frank Martin e con le tragiche epifanie di Gustav Mahler.

Dialogo teatrale con 9 canti, Banjaminovo, su un debole testo di Franco Marcoaldi, convince la musica di Vacchi, ben diretta da Fabio Maestri alla testa di un quintetto d'archi del S. Carlo di Napoli.

Madama Butterfly al Gran Teatro all'aperto di Torre del Lago a cento anni dalla prima a Brescia con Placido Domingo sul podio

La messinscena proposta questa sera, ha completamente ignorato la sostanza della "romantiche oper" di von Weber/Kind. La musica nel frattempo fluiva proponendo la sua "scenografia sonora" (indubbiamente dissonante con quella realizzata sul palco, da ascoltare ad occhi chiusi) efficacissima grazie anche agli interpreti.

La prima esecuzione austriaca della Berenice di Staud non convince del tutto, ma lascia intravedere interessanti temi per lo sviluppo futuro del lavoro del giovane compositore austriaco.

Molto successo per l'Idomeneo del Maggio Musicale Fiorentino, con il pubblico conquistato dalla visualità elegante ed astratta dello spettacolo firmato da Graham Vick e dalla conduzione musicale vibrante e seducente di Ivor Bolton. Spicca per intensità ed eleganza Monica Bacelli, Idamante; più affaticato Bruce Ford nel disbrigare le agilità del ruolo del titolo.

L'elegante Arabella di Karita Mattila seduce il pubblico londinese con un'interpretazione delicatamente calibrata.

Una produzione incantata apre la stagione dei settant'anni di
Glyndebourne, ma lo spettacolo non va al di la' del letterale.

Bach, Szymanowsky e Chopin per lo straordinario recital del pianista polacco al Bologna Festival

Liberovici e Nove firmano la soap opera musical ispirata a Voltaire, inventando un viaggio virtuale nel mondo del marketing odierno, in cui la guerra serve a mantenere la pace e a sviluppare il mercato.

Lele Luzzati, Aquiles Machado e Svetla Vassileva sono stati i brillanti protagonisti dell'"Elisir d'amore" messo in scena dal Carlo Felice. Di Luzzati è stata riproposta la ormai storia scenografia dalle atmosfere fiabesche. Brillanti i due giovani artisti rispettivamente nelle parti di Nemorino e della vivace Adina.

Una "Carmen" tradizionale, che abbondava di una ben nota couche veristica ispirata all'eterna Spagna, tinta di colori, costumi ed elementi da cartolina.

Omaggio ad un'Europa allargata attraverso una coproduzione che coinvolge Polonia, Olanda e Italia per questo allestimento de "Les Indes Galantes" diretta con esperienza e gusto da Frans Brüggen a Ferrara. Scene funzionali e musica in primo piano per un successo ampiamente meritato.

Al Comunale la prima in edizione critica del Singspiel schubertiano con i dialoghi reinventati da Vincenzo Cerami