Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

La regista cinematografica Colinne Serreau ci prova con Rossini. Il suo Barbiere convince e conquista il pubblico di Bastille. Ci metto la loro il direttore Jesus Lopez-Cobos e una troupe di gran livello.

Vespri cupi e interrotti a Busseto. Pizzi ha investito il teatrino della cittadina con un velo nero, nel quale ha avvolto tutto, e con una atmosfera cupa e triste (non che la vicenda rappresentata sia allegra...). Papi, un Procida in serie difficoltà, ha pensato bene di scusarsi e rinunciare, lasciando la palla al giovane Anastassov, che ci ha messo buon impegno, come del resto la Nizza e Zuliani, entrambi però molto poco sicuri nei ruoli di Elena e Arrigo. Apprezzabile il Monforte di Stoyanov. Ranzani a diretto senza brillanti spunti, al solito a tinte forti. Il solito successo di pubblico e "gente conosciuta".

Colin Davis si rivela il vero mago nella nuova produzione del Flauto magico alla Royal Opera House, dominata dalla Regina della notte di Diana Damrau e dalla Pamina di Dorothea Roschmann.

Ritorna a Trieste "Tancredi" di Rossini, assente dal 1830, ma un'interpretazione poco attenta stilisticamente rende l'opera musicalmente pesante, malgrado la presenza di un buon cast vocale e di una regia innovativa nell'ambientazione.

Un grandioso nuovo allestimento del grand-opéra di Gounod inaugura con successo la stagione lirica dell'Opera di Roma

Scarno e povero l'impianto registico e scenografico, fatto un po' in economia e senza idee di rilievo. Disomogenea la compagnia di canto con una sostituzione dell'ultimo momento della Behrens con Sarah Johannsen (che avrebbe dovuto fare le ultime due recite in cartellone), non entusiasmante. Efficaci La Runkel in Clitennestra e Linn in Oreste. Di rilievo la direzione d'orchestra di Christian Arming.

Videoproiezioni, danza, recitazione, canto tra l'eclettismo musicale di Honegger e l'assemblaggio colto di Paul Claudel per una Jeanne d'Arc di multiple suggestioni.

La grande prova di Ramón Vargas; lettura controversa di Denis Krief

Grande interesse musicale nel ritorno alle scene di un capolavoro firmato Metastasio e Pergolesi

Nonostante il venerdì 17, la prima del rossiniano Viaggio a Reims, con testi e regia di Dario Fo, si è svolta nel migliore dei modi. Il nuovo testo, che ha giustamente creato molte attese, ha retto benissimo alla prova, risultando nel complesso convincente. Fo ha voluto rendere attuale un libretto che, nell'originale di Balocchi (del 1825, in piena Restaurazione), non faceva alcun riferimento alla situazione storica. Se qualcosa poteva esserci di interessante, era quella carrellata di personaggi provenienti da ogni angolo d'Europa

La cornice scenografica ha mostrato soluzioni ingegnose per l'interpretazione dello spazio, raffinato è stato l'uso delle luci. La compagnia di canto, sebbene costituita da intepreti specializzati in questo repertorio, non ha sempre soddisfatto le esigenze interpretative proprie della partitura di Janácek.

Buona riuscita per Il Cavaliere della Rosa alla Scala, allestimento un poco invecchiato, ma voci e direzione d'orchestra di ottimo livello.

Una Sonnambula, quella di Parma, con una regia, scene e costumi da cartolina, con tutto quello che ci può essere di scontato e bozzettistico in questa definizione. Korsten dirige l'orchestra e il coro del regio in maniera molle e poco accattivante, mentre la compagnia di canto si assesta su una resa media che ne assicura l'omogeneità. Eva Mei ha ben interpretato Amina, non andando a cercare l'interpretazione memorabile. Nella norma gli altri. Applausi dal pubblico.

"Rita ou e mari battu", divertente atto unico scritto da Donizetti nel 1841, approda a Trieste in un'ambientazione moderna che suscita qualche perplessità ma lascia intatta la vivacità e l'eleganza delle melodie del bergamasco.

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Non mantiene per ora le sue promesse il progetto di formazione professionale del Maggio Musicale Fiorentino: scialbo debutto con "Gianni Schicchi", compromesso dal forfait di Rolando Panerai e abbinato al "Pulcinella" di Stravinskij in forma di concerto. Sul podio Nir Kabaretti, sempre bella la scena di Mario Garbuglia per il capolavoro comico pucciniano.

La direzione di Evelino Pidó esalta l'intelligenza musicale di un cast di rossiniani doc.

Applaudito debutto di Roberto Frontali nel ruolo di Rigoletto. Una interpretazione, la sua, di notevole autorevolezza, vocale e scenica. Al suo fianco un ottimo tenore, Josè Bros. Buona la direzione di Maurizio Benini che ha saputo esprimere le diverse anime della partitura verdiana, legando con equilibrio palcoscenico e buca d'orchestra.

Allestimento che segna un rilancio per il Municipale di Piacenza. Lo spettacolo pare, nel complesso irrisolto, con idee interessanti ma anche rimandi pesanti e inutili. Funzionale, comunque, nei confronti di una lettura musicale senza chiaroscuri, ma indirizzata sulla resa emotiva diretta. Molto natalizia l'idea di diffondere profumo d'arance in sala. Pubblico folto e plaudente.

Betta-Mortelliti hanno realizzato un'operina, a tratti noiosa, semplice semplice. Gli interpreti non hanno molto da fare, e quindi si divertono e basta. La musica è tra le melodie di "Titanic" e Nyman (per le cose più riuscite). Stucchevole il libretto con le sue rime facili. Il pubblico ha applaudito qualcosa non era un'opera, ma era comunque 'piacevole'.

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E' difficile negare l'importanza di questa Bohème firmata -- è il caso di dirlo -- dal regista australiano Baz Luhrman e presentata al Broadway Theatre di New York (la prima è scattata l'8 di Dicembre, ma si anticipano repliche per parecchi mesi). Ciò vale non tanto per il successo commerciale e pubblicitario a cui lo spettacolo sembra inevitabilmente destinato, quanto per la regia, la quale invita a ripensare i fondamenti storici e estetici della messinscena operistica. L'operazione di Luhrman e soci è in parte polemica, ha cioè il fine di de-feticizzare il momento dell'esecuzione e denunciare il culto della voce e dei cantanti, mostrando come una esecuzione non più che adeguata sia in realtà più che sufficiente. Come al cinema, dove non importa che la musica venga eseguita nel migliore modo possibile dal migliore degli organici, in questa Bohème la partitura è in tutto e per tutto funzionale al portato drammatico, colto dallo spettatore non tanto con gli occhi quanto con la propria immaginazione.

"Gattomachia" di Roberta Vacca, opera di teatro musicale elettronico per ragazzi, è andata in scena a L'Aquila, quale esito della commissione-premio dell'ultimo Concorso di composizione "Quarant'anni nel 2000": tratta liberamente dall'omonimo poema eroicomico di Lope de Vega, la partitura ha dimostrato un lavorìo accurato nella fusione reciproca degli eventi sonori (dal vivo e sul nostro) e nel filtraggio attraverso un prisma di lettura "gattesco", ma non eccessivamente descrittivo-imitativo. Ottimi gli interpreti musicali ed elettronici, ed encomiabile il lavoro registico - anche sui ragazzi - della regista Francesca Angeli.

Una Madama Butterfly a metà: interessantissima la direzione d'orchestra, perfetta la messa in scena, mediocri i cantanti.

Allestimento improntato alla grande essenzialità quello di Sepe, un'essenzialità che. tuttavia, può entrare in contraddzione con quello che trasmette la musica di Verdi,soprattutto nel primo atto. Compagnia di canto di pregio, in particolare, grandi doti ha dimostrato Elena Mosuc. Ottima la direzione di Viotti

A distanza di ottant'anni dalla prima assoluta, avvenuta anch'essa a Francoforte sul Meno nel 1920, si ripete nella stessa città il successo di "Der Schatzgräber" opera di Franz Schreker, compositore inviso ai nazisti e per questo scomparso per decenni dalle scene liriche.

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