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L'argomento del Don Pasquale e la sua ambientazione hanno favorito un accostamento con il primo cinema sonoro degli anni '30 del 1900, occasione per svecchiare la messinscena. Ottima la prova di Enzo Capuano (Don Pasquale) e del direttore e concertatore Corrado Rovaris. Pallida l'orchestra.

Torna in scena Wagner all'Opera di Tolosa. Questa volta è il turno dei "Maestri cantori" dove essenzialmente brilla l'orchestra guidata da Pinchas Steinberg. Intelligente, senza prendere rischi, la regia di Nicolas Joel.

Piacevole messa in scena a Lugo delle due operine di Milhaud e Chabrier. Buona prova dell'orchestra del Comunale di Bologna, scene, costumi e regia efficaci e misurati. Voci adeguate. Calorosa risposta del pubblico, anche in occasione della "seconda" di domenica 14.

Al Megaron di Atene la commedia lirica di Theodorakis acquista toni drammatici

Carlo Boccadoro e l'Ensemble Sentieri Selvaggi presentano "Nella colonia penale", opera da camera di Phil Glass, tratta nel 2000 dal racconto di Kafka

Nel complesso un buon allestimento: regia interessante anche se con una scenografia molto 'carica', ricca di colori, coerente nel complesso. Buona la compagnia di canto e la direzione di Yoram David.

In un San Carlo con l'incubo del commissariamento, dopo la Turandot firmata David Hockney, Tancredi con le icone di Mimmo Paladino, è venuto il turno di Capriccio di Strauss messo in scena da Arnaldo Pomodoro

Il ritorno di Eaglen all'English National Opera è segnato da una incisiva produzione del lavoro che per la sua potenza drammatica aveva affascinato Wagner e Berlioz.

Spettacolo tutto sommato riuscito. L'orchestra inizialmente disorientata ha poi restituito una prova più che buona. Eccellente l'interpretazione della Thedossiou, buona quella di Bruson, mediocre Otello. Troppi intervalli.

Il matrimonio segreto di Cimarosa rivela tutto il suo fascino nella lettura di Pierre Audi e Christophe Rousset, e conquista ancora una volta il pubblico parigino

Successo più che buono, ma anche qualche perplessità di critica, per "Il Processo" di Alberto Colla, in prima ieri al Valli di Reggio Emilia dopo la vittoria nel Concorso del Comitato per le Celebrazioni Verdiane: Colla, giovane compositore di Alessandria, ha confermato le straordinaria capacità di autore sinfonico, costruendo una partitura densa e articolata nello strumentale (capace di reggere da solo l'articolazione drammaturgica), ma non di pari livello quanto ad articolazione della vocalità e del suo rapporto con il testo.

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Parsifal a Salisburgo divide e fa discutere, ottima prova di Claudio Abbado, sonore contestazioni al regista Peter Stein

La clochette di Duni e Il Campanello di Donizetti hanno chiuso la stagione lirica invernale del Regio di Parma. Alla prova del palcoscenico la prima ha rivelato tutti i limiti di uno stile musicale senza particolare mordente, ricalcando gli stilemi tipici di certa tradizione "comica" del Settecento. Infelice la scelta di tradurre in italiano i dialoghi parlati: si voleva facilitare la comprensione ma i cantanti impegnati cantavano non benissimo in francese (specie Giannino) e recitavano peggio in italiano (D'aragnès e Beltran Gil). Più piacevole il Campanello di Donizetti con Trimarchi e Romero che hanno risollevato un poco il livello. Di sfondo (nel vero senso della parola) la regia, le scene e i costumi. Direzione musicale all'insegna di una quasi scientifica sfasatura ritmica tra palcoscenico e buca.

Una regia ricca di idee e soprattutto molto teatrale, nonostante qualche teraggine di troppo e una bella direzione per dei Contes d'Hoffmann che hanno pienamente convinto il pubblico romano

Dopo le versioni francese (rappresentata anche in Italia, a Milano, per 4 sere), inglese e spagnola e prima di quelle russa e olandese, debutta la versione italiana di Notre Dame de Paris

La bohème di Modena è stata accolta da un Comunale gremito con applausi e qualche dissenso per regia e direzione musicale. Interessante l'impostazione scenica, semplice e funzionale, rievocava un luogo immaginario ma dai riferimenti concreti. Bene la compagine vocale, giovane e spigliata sulla scena. Direzione musicale discutibile.

La rara versione originale inglese di Oberon, ultima opera di Weber e capolavoro del romanticismo musicale tedesco, realizzata in versione semiscenica allo Chatelet di Parigi da Sir John Eliot Gardiner in veste di direttore e regista. Non convince l'idea di affidare i dialoghi parlati a un recitante che narra e commenta l'azione con interpolazioni ad essa estranee, più da bravo presentatore che da catalizzatore di una drammaturgia peraltro divagante e onirica, così come appaiono defilate le scelte musicali di Gardiner, con un suono piuttosto rozzo dell'orchestra, e apprezzabili soprattutto per omogeneità le prestazioni dei cantanti. L'importante riproposta non perde tuttavia il suo incanto e fa breccia nell'attenzione del pubblico.

"La verità in cimento" torna in scena dove mancava dal 1720. È il merito del giovane gruppo francese Matheus diretto da Jean-Christophe Spinosi. Nel cast spiccano i due controtenori Philippe Jaroussky e Robert Expert. Una lunga tournée farà pure tappa alla Fondazione Cini di Venezia.

Una buona esecuzione dell'ultima opera di Rimskij-Korsaov conferma pregi (solisti e complessi d'indubbio valore) e difetti (la polvere della routine) del Bolshoj

Se il possesso dell'oro del Reno porta al massacro, il massacro dell'Oro del Reno è la parola d'ordine del regista Herbert Wernicke nel nuovo allestimento che apre la Tetralogia del nuovo millennio a Monaco, dove il prologo dell'Anello del Nibelungo apparve per la prima volta quasi centocinquant'anni fa, prima che a Bayreuth. Regia che, ricordandolo, mette in dubbio il significato stesso di una rappresentazione, risolvendola in un gioco incrociato di specchi, di citazioni e di decontestualizzazioni tra luoghi reali e immaginari del passato e del presente. Un mondo degradato a non sperare più neppure nella magia del teatro. Mehta dirige un'altra cosa, senza sapere quale valore attribuirgli, ma lo fa con imperturbabile, vacua efficienza. Cantanti che recitano senza credere, o credono senza recitare. Pubblico diviso, in una serata di esemplare schizofrenia tutta postmoderna.

L'opera di Rossini è stata riletta con gli occhi di un bambino per rinfrescare gli intrighi stantii tipici del repertorio buffo settecentesco. Molto buona la prova dell'orchestra, in particolare evidenza la sezione dei legni.

"L'Isola di Alcina", Concerto per corno e voce romagnola di Luigi Ceccarelli, ha colto un ottimo successo al Teatro Valle di Roma, avvincendo per la sua rilettura della figura di Alcina: una straordinaria Ermanna Montanari ha impersonato la maga ariostesca che, nel testo di Nevi Spadoni, esprime in dialetto romagnolo il suo furibondo scivolare verso la follia.

Una bambola di porcellana in una confezione di plastica rotante. Questa La traviata messa in scena da Zeffirelli a Busseto. La Bonfadelli è stata una Violetta vocalmente efficace, poco brillante all'inizio, ma cresciuta e a tratti emozionante. Scott Piper un Alfredo a senso unico, Bruson e Domingo (alla guida di una Toscanini mediocre) sono Bruson e Domingo, appunto. La regia ha espresso alto virtuosismo e gusto a tratti stucchevole, fascinoso ma sterile. Un mare di applausi alla fine.