Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

classica

Flórez e Mei mandano in visibilio un pubblico solitamente amorfo. Ma tanto merito va anche al lavoro ottimale di regista e direttore.

Prima assoluta al Teatro Nazionale di Estaba la madre, opera commissionata dal Teatro dell'Opera al premio Oscar Luis Bacalov.

Splendida messinscena del Parsifal al Grand Théeâtre di Ginevra. Roland Aeschlimann rivisita la tradizione figurativa di Wieland Wagner secondo una concezione quasi oratoriale. Eccellente la direzione e il cast.

Le ceneri di Aquileia, come le ceneri della Fenice. Ma il richiamo all'incendio ormai dimenticato con la ricostruzione non è forse funzionale al gioco teatrale, se non fosse per quel verso "qual risorta fenice novella" che prefigura una rinascita. Gestito da una regia fin troppo scarna, il cast ha avuto in Dimitra Theodossiu (Odabella)la protagonista indiscussa.

Ottima realizzazione del Cordovano, che dimostra che quest'atto unico ha tutte le carte per essere rappresentato anche al di fuori degli obblighi connessi agli anniversari

E' un'ironia al limite della dissacrazione quella che caratterizza il Faust di Gounod in scena al San Carlo sotto la regia di Jean-Louis Martinoty. Ma il pubblico mostra di gradire molto questa chiave di lettura in cui Méphistophéle diventa quasi un personaggio positivo che giganteggia di fronte alla meschinità e alla volgarità delle ambizioni del mondo borghese.

L'allestimento che il Mariinskji di San Pietroburgo ha portato al Regio di Torino è un po' di cartapesta, ma la direzione del "russo" Gianandrea Noseda è filtro perfetto di tradizione buffa italiana e opera russa.

Proseguendo nella sua tradizione di presentare Wagner in forma di concerto, l'Accademia di Santa Cecilia offre una bellissima esecuzione di "Tristano e Isotta".

Non una serata memorabile all'Opernhaus di Zurigo. La messinscena di Claus Guth, che interpreta 'Radamisto' come un intrigo borghese di oggi, convince poco, nonostante la splendida scenografia di Christian Schmidt. Non in gran forma i cantanti, tra i quali spicca la brava Malin Hartelius e la protagonista (indisposta) Marijana Mijanovic. Bella direzione di William Christie.

Rivisitazione del memorabile spettacolo messo in scena nel 1992 da Peter Stein, che fa del Pelléas un'opera struggente e umanissima, immersa in uno spazio scenico carico di mistero. Cast dominato da Patricia Petibon e Paul Gay.

La nuova produzione di "Orlando" di Haendel ha raccolto un caloroso successo di pubblico a Reggio Emilia. Bella la messa in scena di Robert Carsen - seppure con qualche ingrediente un poco pedante - meno efficace la direzione di Dantone. Il cast vocale non ha valorizzato a pieno i caratteri barocchi della partitura.

Ariadne auf Naxos, prima opera di Richard Strauss rappresentata a Bari, è stata proposta nella rara prima versione del 1912 da un cast tutto italiano (tranne uno dei commedianti), in maggioranza giovani degni di lode. Grandi protagoniste sono risultate Patrizia Cigna (Zerbinetta che in questa versione ha maggiori spazi virtuosistici) e Denia Mazzola (Arianna patetica e coinvolgente). La prima parte, ispirata a Molière ma che illustrava satiricamente i tic di un ricco e potente personaggio del nostro tempo, ha avuto come protagonista l'attore Peppe Barra. La seconda ha messo in luce le impervie difficoltà tecniche per l'Orchestra della Provincia di Bari, superate grazie alla determinazione del direttore Bosman, applaudito insieme al regista Sollazzo, allo scenografo Della Cioppa e alla costumista Giustino.

La prima assoluta della composizione che Nyman ha scritto per Sentieri Selvaggi e Cristina Zavalloni, al centro di un concerto dedicato alle ultime generazioni di compositori britannici.

Ottima prova del direttore Daniel Oren e di un validissimo cast vocale nel Barbiere di Siviglia che ha ripetuto il successo di cui tradizionalmente gode Rossini a Trieste.

Un allestimento di buon impatto visivo e con alcune felici scelte interpretative sul piano musicale. Nel cast ha avuto particolare successo Roberto Frontali, un Boccanegra di vigorosa autorevolezza.

Quando il direttore arriva in tenuta militare a dirigere gli orchestrali, ugualmente in uniforme, mentre nei titoli scorrevoli si prega il pubblico in dialetto svizzero di lasciare accesi i cellulari, programmando preferibilmente una suoneria con musica di Beethoven o Schubert "per far piacere a Nikolaus", si capisce che nella messinscena zurighese della "Grande Duchesse de Gérolstein" tira aria da carnevale. L'attualizzazione dei dialoghi da parte del regista Jürgen Flimm estremizza la carica satirica del libretto di Meilhac e Halévy, accentuando l'elemento 'nonsense' nella recitazione degli attori e nelle situazioni, ma soprattutto creando una babele linguistica che sembra rappresentare una specie di Unione Europea in guerra contro un nemico comune, apparentemente gli Stati Uniti. Così Fritz porta il kilt scozzese, il generale Boum è rappresentato come tedesco (sui pattini!), Puck è un italiano del tipo Pasqualino Settebellezze, mentre il principe Paul è un olandese perseguitato dalla cronaca rosa. Nonostante l''infedeltà' al testo, la messinscena resta tutto sommato fedele allo spirito dell'operetta di Offenbach, mantendendone almeno il parte la forza satirica nel descrivere un mondo fatuo che si diverte a far guerra solo per distrarsi. Peccato che dopo un travolgente primo atto il gioco mostri la corda, e il mordente dell'azione scenica si affievolisca del tutto nel terzo.
Il vero regista della serata è comunque Hanoncourt, che dirige l'orchestra dell'Opernhaus con trascinante verve, divertendosi visibilmente un mondo a dipanare la matassa melodrammatica offenbachiana in continui fuochi d'artificio. Quasi perfetto il cast, con in testa una Marie-Ange Todorovitch di grande statura vocale e in bilico tra sensualità ed ironia. Impeccabili Christoph Strehl e Martina Janková, e affiatatissimo il trio Chausson-van der Walt-Winkler.
Lunghi applausi agli interpreti, al direttore e al regista (assente), che hanno risposto, nello spirito della serata, ballando un cancan.

Immerso negli anni Sessanta pseudo-kennediani, il "Ballo" di Pizzi è andato in scena a PiacenzaExpo in un nuovo allestimento con palcoscenico centrale e pubblico tutto attorno. Auto e moto d'epoca, elementi d'arredo e abiti inconfondibilimente "Sixties", hanno fatto da sfondo ad un'oprazione che – una volta accettato il gioco – ha nel complesso funzionato. Buona prova, tra gli interpreti, di La Scola e Fiorillo. Direzione discreta di Cura. Ampio successo di pubblico.

La musica di Britten ha trovato indubbiamente una esecuzione di rilievo. La messinscena curata da Pountney non ha, forse, colto a pieno la sostanza profonda di quest'opera. La foresta e stata trasformata in una scuola degli anni '50, con banchi e libri, e i personaggi, compresi fate ed elfi, in scolari con divise all'inglese: Titania e Oberon i maestri. Grande comunque è stata l'accoglienza del pubblico.

La ripresa di "Così fan tutte" diretta da Abbado con la regia di Martone offre parecchie novità.

Un'edizione infelice dell'opera belliniana, che ha snaturato quest'incontro tra purissimo belcanto e nascente romanticismo.

La Royal Opera House continua la sua ammirevole politica di
commmissione di nuove opere con un lavoro ispirato a Shakespeare che riscuote grande successo di pubblico per Thomas Ades.

Qualcosa non ha funzionato in questa opera-oratorio "Semele" prodotta al Théâtre Champs Elysées. Eppure tutto sembrava promettere una produzione storica...

Un buon accostamento di tioli, giustamente contrastato. Regie di taglio molto diverso fra loro, ma di buona riuscita complessiva. Discreta direzione, buone compagnie di canto e un mattatore a completare la godibile serata.

Nel suo primo concerto italiano la New World Symphony diretta da Mchael Tylson Thomas presenta un programma che è un'equazione: Reich sta a Bernstein come Stravinskij sta a Ravel.

Il forte recupero della teatralità nei capolavori di Monteverdi e Stravinskij, portano il regista Roberto De Simone a un disincantato uso del dialetto siciliano per il primo, e a un originalissimo uso del rap per il secondo, in uno spettacolo tutto dedicato alla denuncia degli orrori della guerra.

Ripresa a Parma la regia di De Tomasi – datata 1988, allora con protagonista Alfredo Kraus – per "Les contes d'Hoffmann" di Offenbach. Sulla scena, un poco appesantita dagli anni, interpreti che hanno profuso ampio impegno, con risultati disomogenei. Compatta la direzione di Callegari. Successo di pubblico.

Nella sua opera Katia Kabanova andata in scena nel 1921 con immediato successo Janacek,al corrente o meno del dettato verdiano della "parola scenica", riduce azione e dialoghi al minimo necessario per la massima efficacia musicale e scenica, proponendoci uno sguardo disincantato all'interno della vita provinciale russa con acuta sensibilità sia per problemi sociali che psicologici.

Prima assoluta di un'opera di novant'anni fa: era un debito da assolvere, ma Marie Victoire non piaceva neanche a Respighi, che la lasciò nel cassetto.

Amina sul divano dello psicanalista: la regia di Federico Tiezzi per la Sonnambula di Vincenzo Bellini al Comunale di Firenze, con Daniel Oren sul podio, trasfigura l'intera vicenda a sogno della fragile eroina, fra tocchi inquietanti alla Magritte e eleganze di fine Ottocento. Bella prova belcantistica per Eva Mei.

Messa al bando nella Germania degli anni '30 a causa dell'atteggiamento antinazista del compositore, l'opera "Die Voegel'" (Gli uccelli) di Walter Braunfels, tratta dalla commedia omonima di Aristofane ed eseguita con successo per la prima volta a Monaco di Baviera nel 1920, non è riuscita più a reinserirsi nel repertorio corrente.