Quando il direttore arriva in tenuta militare a dirigere gli orchestrali, ugualmente in uniforme, mentre nei titoli scorrevoli si prega il pubblico in dialetto svizzero di lasciare accesi i cellulari, programmando preferibilmente una suoneria con musica di Beethoven o Schubert "per far piacere a Nikolaus", si capisce che nella messinscena zurighese della "Grande Duchesse de Gérolstein" tira aria da carnevale. L'attualizzazione dei dialoghi da parte del regista Jürgen Flimm estremizza la carica satirica del libretto di Meilhac e Halévy, accentuando l'elemento 'nonsense' nella recitazione degli attori e nelle situazioni, ma soprattutto creando una babele linguistica che sembra rappresentare una specie di Unione Europea in guerra contro un nemico comune, apparentemente gli Stati Uniti. Così Fritz porta il kilt scozzese, il generale Boum è rappresentato come tedesco (sui pattini!), Puck è un italiano del tipo Pasqualino Settebellezze, mentre il principe Paul è un olandese perseguitato dalla cronaca rosa. Nonostante l''infedeltà' al testo, la messinscena resta tutto sommato fedele allo spirito dell'operetta di Offenbach, mantendendone almeno il parte la forza satirica nel descrivere un mondo fatuo che si diverte a far guerra solo per distrarsi. Peccato che dopo un travolgente primo atto il gioco mostri la corda, e il mordente dell'azione scenica si affievolisca del tutto nel terzo.
Il vero regista della serata è comunque Hanoncourt, che dirige l'orchestra dell'Opernhaus con trascinante verve, divertendosi visibilmente un mondo a dipanare la matassa melodrammatica offenbachiana in continui fuochi d'artificio. Quasi perfetto il cast, con in testa una Marie-Ange Todorovitch di grande statura vocale e in bilico tra sensualità ed ironia. Impeccabili Christoph Strehl e Martina Janková, e affiatatissimo il trio Chausson-van der Walt-Winkler.
Lunghi applausi agli interpreti, al direttore e al regista (assente), che hanno risposto, nello spirito della serata, ballando un cancan.