Le musiche di scena di Mendelssohn a Santa Cecilia

classica

su il sipario per una ancestrale meditazione parsifalica, essenziale, epigrammatica, che inclina a est dell'Oriente, all'India, al buddhismo, e che innesta quanto di più totale, dopo Wagner, aveva progettato Skrjabin con il suo incompiuto "Mysterium": quei corpi ignudi, femminili e maschili, cosparsi di terra secca griagiastra, colti in atti velatamente orgiastici nel castello di Klingsor, che fanno corolla al gruppo di fanciulle in un lussureggiante, quanto immaginario giardino del pensiero indiano, rammentano la totalità sensoriale skrjabiniana.

Agli Arcimboldi una serata di ottima danza, complice una compagnia della Scala in gran forma, motivata, ben scelta nei ruoli solistici: le cure energiche del direttore Frédéric Olivieri danno dei frutti. Angelin Preljocaj, di origine albanese, oggi cinquantenne, è il migliore coreografo attivo oggi in Francia e tra i maggiori a livello internazionale, l'inglese Christopher Wheeldon e l'italiano di La Spezia Jacopo Godani, molto più giovani, sono due belle realtà.

A inizio spettacolo per conto della rappresentanza sindacale dell'Opera di Roma il direttore artistico Mauro Trombetta ha letto un comunicato di protesta contro i tagli del Fus e il decreto Asciutti sulle Fondazioni lirico-sinfoniche, riscuotendo l'approvazione del pubblico.

Georges Prêtre dirige l'opera di Bizet con grande finezza e piglio diabolico, giocando con disinvoltura sui diversi registri espressivi della partitura.

Straordinario Temirkanov in una Dama di Picche più da ascoltare che da vedere. Seconda compagnia di ottimo liello complessivo; sempre grande il coro istruito da Bruno Casoni.

La squisita partitura di Chabrier finalmente sul palcoscenico. Una produzione eccezionale firmata Laurent Pelly e Evelino Pidò

L'Unione Musicale ospita in prima nazionale una nuova versione del concerto dedicato a Robert Wyatt.

Nella nuova Norma in forma da concerto della Staatsoper di Vienna, Edita Gruberova debutta nella parte e dà una grande lezione di musicalità e virtuosismo canoro. L'orchestra per una volta senza l'alibi della buca si presenta in grande forma e conferma di essere uno dei migliori ensemble operistici attualmente in circolazione

Serata inusuale all'insegna della favola, sostenuta dall'inventivo allestimento di Michal Znaniecki

Applausi del pubblico di Modena per il "Peter Grimes" con regia di Cesare Lievi - impianto scenico di Csaba Antal - e la direzione dinamica di Alistar Dawes. Nel complesso buon impegno da parte di tutti gli artisti impegnati.

Il nuovo allestimento della Staatsoper porta in primo piano uno dei maggiori talenti canori della nuova generazione, la mezzosoprano Elina Garanca. Un altro giovane talento, il direttore svizzero Philippe Jordan, non raggiunge con la poco motivata orchestra gli esiti e gli effetti che forse avrebbe voluto ottenere.

Caldo successo per una rilettura goldoniana del cantante-regista-attore davide Livermore, con cantanti e virtuosi a impersonare i loro alter ego.

L'opera più luminosa e nobile di Wagner ha trovato in Neuhold un fine concertatore, tant'è che l'esecuzione orchestrale triestina di ieri sera ci è parsa più che notevole e fin dalle prime battute si è compreso che ben poco dell'argenteo colore dell'opera sarebbe andato perduto.

Le donne sono in nero, gli uomini in camicia bianca e pantalone antracite, uno solo porta un berretto da baseball: è Steve Reich. Il compositore statunitense, con il suo Ensemble e le Synergy Vocals, è spiaggiato all'Auditorium di Roma nel ciclo "It's wonderful" di Santa Cecilia, per un concerto assurto a sua consacrazione di fronte un pubblico osannante, nella stessa sala dove il giorno prima si era esibito Maurizio Pollini, con lo stesso esito ma di fronte a un maggior numero di spettatori.

Versione coreografica dell'opera di Purcell 'ricostruita' da Attilio Cremonesi. Ottime le coreografie di Sasha Waltz, meno convincente la prova dei cantanti.

La prima volta di Gergiev all'Opéra in un Otello niente affatto scontato, malgrado la regia sia ripresa da una vecchia produzione firmata Andrei Serban.

Dopo un inizio prevedibile, manierato e fiacco, un secondo atto splendido, con palcoscenico e orchestra illluminate da un "fuoco nero".

Un omaggio a Friedrich Gulda e un segno di continuità in nome di una musica sempre vicina all'anima. Una Argerich che, con Schumann e Prokof'ev, trasforma l'acquisito in inatteso.

All'Opéra Garnier l'opera di Monteverdi nell'allestimento grottesco, caricaturale, coloratissimo di David Alden. Anna Caterina Antonacci perfetta incarnazione di Poppea.

Torna finalmente Wagner al Gran théâtre di Ginevra; Un Tristano e Isotta d'eccezione con un cast molto wagneriano e l'Orchestra della Svizzera romanda diretta da un Amin Jordan estremamente sensibile e maturo.

Frutto tardivo e miracoloso di una tradizione declinante come quella dell'opera comica, l'Elisir d'amore è un'opera tanto entusiasmante quanto rischiosa, sia per i cantanti che per i registi; basta poco per sciuparne il delicato equilibrio di comicità e malinconia. Su questo sottile crinale si è mosso in modo assai convincente lo spettacolo visto ieri al San Carlo

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Una esecuzione atroce, sconvolgente, in forma di concerto dell'opera di Berg, con il giovane direttore inglese a capo di una gigantesca Mahler Chamber Orchestra

Al Liceu di Barcellona delude la regia di Lehnhoff, ottimi Domingo e la Urmana

Tannhäuser alla Scala lascia parecchie perplessità per la regia e non troppa soddisfazione per le voci

La Messa Solenne "per il principe Esterhazy" ossia la riscoperta di un capolavoro. Per il suo ritorno in una città che non lo ha mai dimenticato, Riccardo Muti rende omaggio ad un grande compositore fiorentino di nascita, parigino d'adozione, europeo nel pensiero musicale: Luigi Cherubini.

Polemiche al limite dello scandalo a Parigi per Il Flauto magico senza recitativi con gli attori della Fura dels Baus e giochi di luce al computer. Buona la direzione musicale di Marc Minkovski con un ottimo cast di cantanti.

Con coerenza quest'allestimento rilegge La Gioconda, liberandola da oleografia e grand-guignol, e dimostra che Ponchielli era perfettamente al passo coi tempi.

Difficile per i cantanti lirici cavasela nell'opera di Brecht e Weill, ma nel complesso ci sono riusciti, che più chi meno.

Con uno splendido cast diretto con mano sciolta da Gianandrea Noseda, debutta a Torino l'attesissimo Don Giovanni firmato, alla regia, da Michele Placido. Ed è, soprattutto, una gran festa di musica, poco assecondata da una regia fuori fuoco.