Per pubblicizzare il suo Festival Janacek, l'Opera di Lione ha tappezzato la città di cartelloni su cui fa bella mostra di sé un ragno nero, eletto, è da credere, a logo dell'evento. Ora che cosa c'entrino i ragni neri con Jenufa, Katia Kabanova e il Caso Makropoulous è domanda da girare all'esperto di marketing, che sviato dalle tante "k", avrà forse creduto di trovarsi di fronte a un festival di film horror. Quel che conta è che in scena, per fortuna, di spettri e ragni non ci fosse la minima traccia. Già, perché il messaggio che le opere di Janacek lanciano, in un Novecento tutto preso ad evadere in fumisterie mitiche, espressionistiche distorsioni e nostalgie di ogni sorta, è proprio quello di restare coi piedi per terra, ancorati alla vita con sano realismo e fiducia.
Così il primo merito per la riuscita di questi tre allestimenti (targati Glyndebourne) va a Lothar Koenigs che ha saputo restituire la pimpante e ruvida scrittura orchestrale di Janacek in tutta la sua vitalità. Certo nelle prime due opere, qualche abbandono in più e alcune concessioni all'eloquenza avrebbero aggiunto spessore drammatico ad una musica che non è solo inquieto attivismo.
Molto felice anche la mano del regista Nikolaus Lehnhoff nel rendere credibili i repentini capovolgimenti cui i modi un po' spicci di Janacek spesso costringono i cantanti. Più discutibile invece la leggera inquietudine (alla Magritte, per intenderci) che serpeggia nelle scene di Tobias Hoheisel: la casa di Jenufa sembra più quella di Kafka, distorta com'è da una prospettiva a strombo e da un soffitto opprimente; nel Caso Makropoulos il destino incombe sottoforma di un grande piano a coda appeso a testa in giù.
Dei tre spettacoli il meno riuscito è stato Katia Kabanova, per via degli inguardabili colori fosforescenti in scena e per l'inadeguatezza di Eva Jenis nel complesso ruolo della protagonista, ridotta più o meno a una matta isterica. Su un altro livello invece le due opere che potevano contare sulla magnetica presenza scenica di Anja Silja, ancora in voce nonostante l'età, generosa e intensa nei panni della Kostelnicka e di Emilia Marty.
Da ricordare tra gli altri protagonisti, tutti perfettamente in parte, il Laca di Stefan Margita, e i vari ruoli di basso buffo impersonati da Jonathan Veira, abilissimo nel cambiare pelle ogni sera. Teatro sempre esaurito e pubblico entusiasta – e se questo è il risultato, ben vengano anche i ragni neri.
Interpreti: La recensione si riferisce a tre recite successive di "Jenufa", "Katia Kabanova" e "Il Caso Makropoulos". Questi i cast:
JENUFA
Jenufa: Orla Boylan; Kostelnicka: Anja Silja; Laca: Stefan Margita; Steva: Valentin Prolat; Buryja: Menai Davies; Karolka: Vanessa Woodfine
KATIA KABANOVA
Katia: Eva Jenis; Kabanikha: Kathryn Harries; Boris: David Kuebler; Tikhon: John Graham-Hall; Varvara: Linda Tuvas; Vania: Timothy Robinson; Dikoï: Jonathan Veira
CASO MAKROPOULOS
Emilia Marty: Anja Silja; Albert Gregor: David Kuebler; Jaroslav Prus: Steven Page; Kolenaty: Jonathan Veira
Vitek: Neil Jenkins; Krista: Jessica Miller; Janek: François Piolino
Regia: Nikolaus Lehnhoff
Scene: Tobias Hoheisel
Costumi: Tobias Hoheisel
Orchestra: Orchestra dell' Opera di Lione
Direttore: Lothar Koenigs
Coro: Coro dell' Opera di Lione