Regista e cantanti anglosassoni, direttore coro e orchestra italiani: il risultato è splendido

classica

La trentaduesima edizione del "Festival Internazionale dell'Operetta" di Trieste si avvia alla conclusione con la messinscena alla Sala Tripcovich della deliziosa "Piccola bottega degli orrori", il musical con il quale nel 1988 la Compagnia della Rancia avviò la sua fortunata attività italiana e con il quale guadagnò il "Biglietto d'oro 1989". La compagnia marchigiana, in coproduzione con il Teatro "Verdi" ha riproposto ora il lavoro off-Broadway di Howard Ashman e Alan Menken in una nuova e più spettacolare trasposizione.

Il Teatro "Verdi" di Trieste ha colto l'occasione di affermare al meglio la propria efficienza di macchina teatrale allestendo un impareggiabile "Otello" in una caldissima serata estiva. Uno spettacolo di lusso che, purtroppo, si ripete per quattro sole recite ma che offre la possibilità a pochi privilegiati di ascoltare, a confronto, i due astri del momento più versati nei panni del celebre "Moro", Josè Cura, che ha affrontato tale ruolo nel 1997 sotto la direzione di Abbado e Vladimir Galouzine, delfino di Gergiev.

Al Cantiere non funziona l'allestimento scenico delle Nozze di Figaro, che però si riscattano con la vivificatrice direzione di Mazzola e la simpatia dei giovani cantanti

Ancora una Tosca all'aperto: una buona realizzazione con qualche sospetto di routine, ma spicca lo Scarpia di Raimondi

L'opera dell'ambiguità va in scena nel contenuto Théâtre de Paume, restaurato appositamente per il festival dell'era Sthéphane Lissner, appena inaugurato lo scorso anno. Ed è un trionfo.

Un Trovatore popolare, senza tanti problemi e senza grandi ambizioni, porta all'entusiasmo il pubblico come ai vecchi tempi

Tutto esaurito per il Nabucco all'aperto della Fondazione Toscanini. Astratta ma tradizionale la regia di Stefano Monti, e sulla stessa linea le scene di Rinaldo Rinaldi. Protagonista il coro (Fondazione Toscanini) - con un "Va' pensiero" bissato per intero - ben gestito da Romano Gandolfi alla guida anche dell'orchestra Toscanini. Adeguate, in sintesi, le voci, con Juan Pons sempre efficace, ma con un timbro un poco rovinato. Tanti gli applausi alla fine.

Grande attesa per la prima esecuzione moderna di Arsilda regina di Ponto di Vivaldi, andata in scena ieri sera per il Festval Opera Barga. Partitura molto ricca musicalmente e con una trama estremamente complessa, Arsilda ribadisce il grande talento teatrale vivaldiano. Ottima la prova degli interpreti e del direttore Federico Maria Sardelli, che ne ha curato anche l'edizione critica per l'Istituto Italiano Antonio Vivaldi e che ne ha preparato un cd.

Ultima tappa della trilogia popolare del Verdi Festival di Parma, La Traviata di Bertolucci/Rizzi ha riproposto la prima versione veneziana del 1853, quella del "fiasco". Più impegnativa ne deriva la parte del baritono, risolta con impegno da Vittorio Vitelli. Bene Sabbatini/Alfredo molto appassionato, qualche difficoltà per la Violetta di Darina Tukova; le altre voci più o meno adeguate. La regia di Giuseppe Bertolucci, al debutto come regista d'opera, era atemporale e simbolica, un poco pesante con le masse. Costumi eleganti, scene giocate sul nero e sul rosso di poltrone "Frau", non sempre afficaci. Rizzi ha diretto l'Orchestra del Centenario e il Coro forse in maniera troppo impetuosa. Alla fine applausi per tutti, con qualche mugugno dall'alto.

Successo netto ieri a Macerata (Teatro Lauro Rossi) per lo spettacolo d'avvio di MacerataOpera 2001: in programma erano due lavori poco conosciuti dovuti al sodalizio Brecht-Weill; "Der Lindberghflug" ("Il volo di Lindberg") nacque come radiodramma nel 1929, per celebrare l'impresa di un eroe moderno quale il primo trasvolatore oceanico; Brecht interverrà poi nel 1949 sul testo per sottolineare le contraddizioni di una figura che, successivamente, aveva collaborato con i nazisti. Ancora le contraddizioni della società, borghese e capitalistica, sono al centro dell'apologo "Die sieben Todsünden" ("I sette peccati mortali"), uno snello balletto con canto del '33 (ultima collaborazione tra i due e prima fatica parigina di Weill) sull'impossibilità di praticare i sette vizi capitali per chi voglia arrivare al successo e al benessere economico. La regia di Hugo De Ana ha evidenziato, unificando la pratica dello sdoppiamento (canto-danza) del protagonista e eliminando l'intervallo, la continuità concettuale tra i due testi. Tutti assai bravi gli esecutori vocali (Mark Bleeke, Svetla Vassilieva, Timothy Leigh Evans, Eric Edlund, Peter Becker) e l'Orchestra Regionale Toscana diretta da Bruno Bartoletti.

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Un musical in un teatro lirico: il Teatro Regio di Torino ci prova e molte volte ci riesce, a restituire il clima epicureo, fatalista dell'inconfondibile Porter touch. Il teatro-nel-teatro della shakespeariana "Bisbetica domata" porta in scena litigi amorosi, gangster ballerini, caldo e nonsense da crociera

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Prima di Trovatore all'Arena di Verona:resa musicale e compagnia di canto nel complesso convincente. Allestimanto registico di Zeffirelli molto ridondante e colorato ma di grande impatto visivo

Les Troyens di Berlioz inaugurano il festival operistico a Monaco con una trasposizione del mito ai nostri giorni, secondo moda e tendenza affermate dalla regia stravagante di Graham Vick. Mehta dirige con bravura una compagnia prestigiosa, schizofrenicamente contemplando la grandezza antica della musica riflessa nella lente deformante dell'attualità.

La Forza del destino di Busseto è stata piacevole, equilibrata, segnata da una regia discreta e rispettosa, tutta giocata sugli spazi a destra e sinistra del palcoscenico e su un'ambientazione storica tendenzialmente astratta. Di conseguenza ha guadagnato spazio l'interpretazione del direttore, Kovatchev, intensa e dinamica. Allestimento all'aperto, quindi amplificato. Dignitoso il cast di giovani, con qualche voce decisamente interessante, allevato da Carlo Bergonzi. Tanti gli applausi del folto pubblico.

Rigoletto al Verdi Festival segnato dalla regia di Brockhaus. Una regia forte, tutta centrata su una lettura complessa e simbolica del carattere del protagonista. Pagliacci, nani, un mondo dalla decadenza lussuriosa e derelitta che ha preso forma attraverso un gioco di colori basati sul rosso e l'ambientazione vagamente circense. Bene la Gilda di Patrizia Ciofi, gratificata da calorosi applausi, discreto il Duca di Beltran impegnato in acrobazie fisiche non indifferenti, e sufficiente il Rigoletto di Murzaev, come la direzione orchestrale di Riccardo Frizza, ventinovenne gettato francamente allo sbaraglio. Contestazioni decisamente colorite dal loggione, con tanto di "Cagli ladro" etc., soprattutto indirizzate alla regia. Applausi dalla platea.

Il pubblico applaude con affetto Menotti ma la sua "The Saint of Bleecker Street" appare datata

I Capuleti e i Montecchi di Bellini a Ravenna sono andati in scena in un nuovo allestimento curato da Cristina Mazzavillani Muti caratterizzato da scene otenute con proiezioni digitali di opere del Carpaccio, alle quali facevano da contrappunto soluzioni sonore "speciali", quali riverberi e spazializzazioni. Il risultato non è stato fastidioso, ma nemmeno illuminante. Bene il direttore Kovatchev, alle prese con una novella formazione orchestrale romagnola, non eccelsa. Vocalmente ben preparate la Canzian/Giulietta e la Kulikova/Romeo. Gli altri adeguati. Successo di pubblico.

Spettacolo, nel suo genere, unico per grandezza e concordia d'interpreti (direttore Ozawa, regista Lepage, cast stellare) e impensabile in condizioni ambientali e teatrali diverse dal futuristico laboratorio Bastille.

Il Carlo Felice ha chiuso in bellezza la propria stagione lirica ospitando una splendida edizione del "Don Carlo" di Verdi. Pubblico folto e applausi a scena aperta per i principali interpreti. Artefici del successo il direttore Mark Elder e il regista Hugo De Ana. Ma in evidenza anche Roberto Frontali (Rodrigo), Ferruccio Furlanetto (Filippo II) e Nadja Michael (Eboli). "Don Carlo" sarà replicata sei volte fino al 1 luglio.

Ha debuttato ieri sera, in prima assoluta, al Piccolo Teatro della Corte (Teatro di Genova) "Sei personaggi.com" di Edoardo Sanguineti, liberamente tratto da Pirandello. Spettacolo di prosa e musica con il supporto sonoro e registico di Andrea Liberovici che ha creato una partitura fatta di suoni e di "gesti", attingendo alle tecnologie elettroniche. Applausi per gli interpreti. Repliche fino al 30 giugno.

La buona esecuzione musicale guidata da Gelmetti controbilancia l'allestimento statico e algido di Pizzi.

Come vuole la tradizione del teatro di marionette lo spettacolo si è preso gioco di un nome illustre: Giuseppe Verdi, rappresentando la sua più brutta opera. In pratica l'idea è stata quella di imitare l'usanza praticata a Versailles di aprire le porte dell'Accadémie a poveri ignoranti per farli assistere ad un'opera barocca, operando l'incontro degli straccioni di Gay - Pepusch con la "Giovanna" verdiana. Il meccanismo, così concepito, ha scatenato infinite reazioni a catena.

Al Comunale di Bologna un nuovo allestimento di Aida firmato da Pier'Alli trova sulla sua strada una direzione di Daniele Gatti che ne accentua il tono da grand opéra e ne compromette in gran parte l'efficacia.

Prêtre torna a dirigere in un teatro d'opera, scava la partitura di Turandot, vi trova la modernità ma talvola vi smarrisce il palcosenico.

L'Amazzone e l'amore cannibale: prima italiana al sessantaquattresimo Maggio Musicale Fiorentino, con Gerd Albrecht sul podio, per un titolo importante del Novecento storico, Penthesilea dello svizzero Othmar Schoeck dalla celebre tragedia di von Kleist (1927), fra memorie dell'Elektra di Strauss e originale, affilata modernità dell'orchestrazione. La scena (Hans Schavernoch) Ë un gigantesco torso inclinato, Harry Kupfer firma con successo la sua prima regia italiana, Doris Soffel e Dietrich Henschel i generosi protagonisti.

Una messa in scena essenziale quella del Castor di Rameau. Tanto essenziale da determinare il ricorso per l'illustrazione dei contenuti del libretto a simbologie fin troppo ermetiche. La musica al contrario ha mostrato senza veli tutta la sua veste francese - settecentesca, merito degli interpreti.

Il "Nano" di Zemlinsky, tratto dal "Compleanno dell'Infanta" di Oscar WIlde è la storia di un uomo bellissimo inconsapevolemnte annidato in un corpo bruttissimo: un"opera strausssiana/espressionista che riporta in scena la Vienna raffinata e freudiana di Mahler e Schönberg