L'amore cannibale di Penthesilea

L'Amazzone e l'amore cannibale: prima italiana al sessantaquattresimo Maggio Musicale Fiorentino, con Gerd Albrecht sul podio, per un titolo importante del Novecento storico, Penthesilea dello svizzero Othmar Schoeck dalla celebre tragedia di von Kleist (1927), fra memorie dell'Elektra di Strauss e originale, affilata modernità dell'orchestrazione. La scena (Hans Schavernoch) Ë un gigantesco torso inclinato, Harry Kupfer firma con successo la sua prima regia italiana, Doris Soffel e Dietrich Henschel i generosi protagonisti.

Recensione
classica
Maggio Musicale Fiorentino Firenze
Othmar Schoeck
13 Giugno 2001
Solo adesso ha avuto la sua prima italiana, al Maggio Musicale Fiorentino, la Penthesilea di Othmar Schoeck (1927) che in area tedesca è uno dei titoli più apprezzati del Novecento storico. Lo svizzero Schoeck (1886 - 1957) è esponente di una modernità moderata, colta, partecipe del suo tempo ma retinente alle avventure, un operista a lungo alla ricerca di una strada propria fino a intenso atto unico ispirato al problematico lavoro teatrale di von Kleist. L'opera, vista la materia, parrebbe collocarsi sulla linea aperta vent'anni prima dalla straussiana Elektra: il mito antico come grimaldello dell'inconscio, il tema della folle vergine bramosa di sangue, in questo caso la giovane regina delle Amazzoni che, secondo la reinvenzione kleistiana, in un'ebbrezza d'amore cannibale uccide e sbrana Achille colpevole di amarla e finalmente si trafigge sul cadavere di lui. Dove Schoeck appare al di là di qualsiasi epigonismo straussiano è nella straordinaria orchestra, il cui potente ma originalissimo spiegamento (uno stuolo di clarinetti con clarinetti piccoli e claroni, pochi violini, un minaccioso comparto di bassi, ottoni, percussioni e due pianoforti che fanno da cetre omeriche sgranando certe sequele curiosamente protominimaliste) si compone in sonorità e armonie violente ma affilate, pervase dal gusto di timbri e oggetti sonori radicalmente distinti, fra i due estremi dell'arcaismo e dell'astrazione, ed è questo l'aspetto che l'attenta ed esperta lettura di Gerd Albrecht ha valorizzato. Ma le soluzioni vocali - a parte l'uso frequente del parlato - serbano profonda memoria delle oltranze dell'Elektra (prosciugate in senso più astratto), tante altre possibili influenze affiorano, da Berg ad un deformato Puccini, ma il genio e l'istinto teatrale non soccorrono Schoeck al punto da far sì che linea vocale, situazione, personaggio aderiscano sempre con precisione alla perturbante e rischiosa materia, anche quando il compositore maneggia il terribile e urlante personaggio protagonista. Vertiginosa è la messinscena (Hans Schavernoch), il gigantesco torso inclinato a metà imprigionato (come i Prigioni michelangioleschi) nella rossa materia da cui è sbalzato, le cui mani sembrano scavarsi un varco fra le macerie. Su questo titano sepolto dalla furia degli dei, ai suoi fianchi, uscendo dalle caverne che si sollevano come scaglie alla sua superficie, Harry Kupfer, al suo esordio registico in Italia, fa muovere in branchi scimmieschi, aggressiva e terrorizzata, l'umanità ferina e primitiva delle Amazzoni e dei greci, ottenendo dal cast e dal coro performances attoriali - balzi, arrampicate, cadute rovinose - improntate a naturalistica bravura. Podio e regia sono validamente assecondati dal cast in cui Doris Soffel e Dietrich Henschel disegnano le due parti protagoniste (mezzosoprano e baritono) con generosità e slancio anche se patendo un po' le tessiture violentemente schiacciate verso il basso e il fitto alternarsi di parlato e cantato, inappuntabili tutti gli altri, a cominciare dalla Protoe di Chiara Taigi. Successo ottimo ma in un teatro troppo sguarnito di pubblico: non era forse un tempo, quello del Maggio, un pubblico disponibile, curioso, "modernista"?

Note: prima rappr. in Italia - nuovo all.

Interpreti: Soffel, Taigi, Theorin, Litting, Henschel, Bladin, Fratarcangeli, von Duisburg

Regia: Harry Kupfer

Scene: Hans Schavernoch

Costumi: Yan Tax

Orchestra: Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

Direttore: Gerd Albrecht

Coro: Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Maestro Coro: José Luis Basso

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