Cosa funziona, oggi, in "Kiss me, Kate", uno dei musical più fortunati di Cole Porter? Il "book" di Samuel e Bella Spewack racconta, in quel 1948 della "prima", di "teatro-nel-teatro", di una compagnia con una primadonna capricciosa che mette in scena la "Bisbetica domata" di Shakespeare. Le convenzioni frenetiche di quella vita di teatranti, tra debiti di gioco, gangster, amori e capricci, scorrono dinoccolate, messe in fila da una drammaturgia modesta, senza spessori, profondità. La lezione yin/yang di Shakespeare, il modo in cui in una convenzionale Padova rinascimentale Petruccio piega alla dolcezza femminile la terribile Caterina, nei risultati è ottima, ma nell'ideologia insostenibile, imbarazzante addirittura nella sorridente rappresentazione. Nessuna catarsi, nessuna lezione di vita dal mondano, ricco, altolocato, frivolo, elegante compositore americano. La vita è uno scorrere di piaceri e di casini, e metterci di mezzo un progetto è davvero un comico e vano errore. Per questo, nel piacevole tentativo di portare in un teatro lirico il musical, al Regio di Torino con la direzione cordiale e scorrevole di Donato Renzetti, funzionano alcuni momenti apparentemente meno fondamentali: tutto l'esordio del secondo atto, con la sequenza del caldo soffocante, "Too darn hot" è perfetto musical: il balletto (firmato senza originalità ma con garbo da Amedeo Amodio) muove colori (e aria accaldata), le "lyrics" dei "songs" (qui firmate da Porter: peccato davvero che non sia riprodotto il libretto originale né nei sopratitoli né nel libro di sala, poiché i giochi di nonsense e rime sciocchine e frou frou di Porter sono a volte spassosi nella loro superficialità da cocktail da panfilo), il "mood" è colto, ovvero gershwiniano ("Porgy and Bess"); scattante, buffo, è il duetto dei gangster "Brush up your Shakespeare", burla della citazione mondana di cultura spropositata (ovvero, a sproposito), e Stuart Patterson e Dario Giorgelé sono stati "quasi" bravissimi, non sapendo ballare un tip tap che qui ci voleva proprio. Della musica di Porter sono incantevoli, raffinati, quei languidi momenti di pianoforte nei cambi di scena, o energizzanti quei cori che rafforzano i due o tre momenti "drammaturgici" del musical (in questi casi, Daniela Mazzucato e George Mosley, buona coppia più da Lehár che da Porter, sono stati portati a una pienezza goduriosa dal Coro diretto da Bruno Casoni, che continua a fare tremare di potenza il Regio, da mesi e mesi, ogni volta che apre così bene bocca). Il pubblico, un po' colorato, denudato, sensualizzato dal torbido caldo urbano ("teatro-nel-teatro" anche questo), ha osservato con curiosità e poi gusto quella strana creatura teatrale che la regia di Lamberto Puggelli ha reso comprensibile nella fondamentale traduzione italiana dei dialoghi in prosa, e insopportabilmente provinciale, totalmente fallimentare nella contro-regia televisiva proiettata sui due schermi laterali, con una sola steadycam che non chiudeva mai occhio, riprendendo perlopiù banalità, fuori-scena, il buio, il nulla, rollando alticcia come Porter sugli yacht dei suoi amici, sbronza, più che di Margarita, di sbando concettuale.
Note: nuovo all., prima esecuzione a Torino
Interpreti: Mosley, Mazzucato, Cullen, Ceriani, Livermore, Guadagnini, Porri, Mantani Renzi, Ferrato, Leoni, Scarabelli, Patterson, Giorgelé, Albini, Milani, Basso
Regia: Lamberto Puggelli
Scene: Luisa Spinatelli
Costumi: Luisa Spinatelli
Corpo di Ballo: Carlassara, Carli, Cesana, García, Scaglione, Abbà, Bellitti, Cannizzo, Dumitru, Rosignano
Coreografo: Amedeo Amodio
Orchestra: Orchestra del Teatro Regio
Direttore: Donato Renzetti
Coro: Coro del Teatro Regio
Maestro Coro: Bruno Casoni