Un viaggio nella memoria della tragica fine di Garcia Lorca, per la prima volta in Spagna

Visionario il "Król Roger" di Szymanowski a Madrid

A Madrid "Carta Blanca" al compositore argentino

Al Teatro Real di Madrid l'opera di Pilar Jurado

Josep Pons dirige "The Turn of the Screw" di Britten

A Monte-Carlo "Accordo" di Berio e altre sorprese

Verona: la “Storia di Genji” di Cesare Picco

Per la prima volta, alla Fenice, le note del 'riesumato' Requiem di Bruno Maderna

Debutta una nuova opera di Melchiorre commissionata dalla Fondazione Arena di Verona.

Un Attila dignitoso ma non memorabile, con un Anastassov, nel ruolo del titolo, dal timbro caldo ma dall'espressione un po' monocorde e una Guleghina un po' sopra le righe. Regia straniante, un po' immaginifica, dove i personaggi vestono costumi d'epoche diverse, che non sa però indicare il senso di una lettura e delle sue scelte. Direzione musicale di Kovatchev efficace che punta ad effetti paritcolari, con ampie aperture liriche e stingenti cabalette.

Per il "Nixon in China", con cui si apre a Verona la stagione invernale, si ripropone una lettura in chiave fortemente simbolica di un allestimento di 10 anni fa dell'Opertheater di Vienna del regista Pawlik. Buona prova della compagnia di canto con un'incisiva direzione di Andreas Mitisek

Elementi architettonici, una grande struttura metallica geometrizzante, una libreria con enormi volumi, domina la scena, a fronte di una corona stilizzata: allestimento raffinato e austero di Denis Krief, Vibrante e salda la resa musicale della conduzione di Daniel Oren, buona e affiatata la compagnia di canto, con un Leo Nucci protagonista.