In occasione del centenario della prima esecuzione, Adriana Lecouvreur torna all'Opera nel vecchio allestimento di Mauro Bolognini e ancora una volta seduce il pubblico col suo fascino spttile ma infallibile
Una regia ricca di idee e soprattutto molto teatrale, nonostante qualche teraggine di troppo e una bella direzione per dei Contes d'Hoffmann che hanno pienamente convinto il pubblico romano
Dopo le versioni francese (rappresentata anche in Italia, a Milano, per 4 sere), inglese e spagnola e prima di quelle russa e olandese, debutta la versione italiana di Notre Dame de Paris
Una buona esecuzione dell'ultima opera di Rimskij-Korsaov conferma pregi (solisti e complessi d'indubbio valore) e difetti (la polvere della routine) del Bolshoj
Gelmetti presenta in una luce nuova il Trittico pucciniano, proseguendo nella sua rilettura dell'opera italiana dei primi decenni del Novecento, in cui sta gradualmente scoprendo una modernità fino a ieri insospettata
Un allestimento frettoloso, approssimativo e superficiale del capolavoro mozartiano, che porta un materiale (cantanti, direttore, orchestra) complessivamente decoroso fino al limite della decenza.
Un Ballo in maschera non si può risolvere con la routine, ma è pur sempre Verdi e il pubblico è soddisfatto: che abbia ragione ad accontentarsi di quel che passa il convento?
Libretto velleitario e confuso e musica poco teatrale: anche questa volta Consuelo non passa l'esame. Sarebbe invece interessante riporporre la musica strumentale di Rendano
Dopo centododici anni di comprensibile oblio ripresentato a Cosenza e ora a Roma il saggio scolastico di Francesco Cilea: a quando i compiti d'armonia di Mascagni?