Inizialmente era annunciato un nuovo allestimento, poi il taglio della finanziaria ai fondi per lo spettacolo ha consigliato di riproporre quello del 1966, anche per un doveroso omaggio a Mauro Bolognini, che in questo teatro debuttò come regista d'opera. La sua regia dell'Adriana Lecouvreur, ripresa più volte da lui stesso fino al 1989, è stata per l'occasione ricostruita con la supervisione di Alberto Fassini, ma chi ricorda l'originale afferma che è andato perduto qualcosa della sua naturalezza, semplicità e verità, come conferma un confronto con i bozzetti e con le foto di allora, che evidenzia un certo aumento di ciaffi, trovarobato e controscene. Ma sono sempre affascinanti le vecchie scene dipinte e i sontuosi costumi, dai colori teneri e delicati come la musica di Cilea nei suoi momenti migliori. In questa cornice d'altri tempi si muoveva Fiorenza Cedolins: come attrice non ha la statura e il magnetismo delle grandi interpreti di Adriana che calcavano i palcoscenici quando Rondelli dipinse queste scene, ma canta benissimo ed è più vicina al gusto moderno che le dive del passato. Peccato che nel primo atto, forse per un nervosismo comprensibile nella sera del suo debutto a Roma, la voce non fosse molto ferma e gli acuti risultassero un po' tesi. In una parte che sollecita molto il registro grave, Marianne Cornetti esibisce un bel colore scuro da vero mezzosoprano ma non calca troppo la mano e evita di rendere costantemente torva la Principessa e di farne la solita virago. In quest'occasione quel bellimbusto di Maurizio non è all'altezza delle sue spasimanti: Alberto Cupido come attore è nullo e come cantante non fa altro che spingere e sforzare una voce che, ormai usurata e stanca, non regge più alle sollecitazioni. Complessivamente positiva la prova di Alberto Gazale, che però tende a essere un po' troppo diretto e appassionato per un personaggio come Michonnet, che è l'emblema della rinuncia, della timidezza, dell'insicurezza. Buono il Principe di Giovanni Battista Parodi, straordinario l'Abate di Mario Bolognesi. La presenza di Daniel Oren garantisce una grande attenzione all'evidenza dei dettagli strumentali e soprattutto una lettura vivida e teatrale: forse le movenze settecentesche delle scene d'ambiente erano fin troppo evidenziate ma nelle scene più drammatiche era perfetto il dosaggio tra empiti romantici ed estenuato lirismo fin de siècle. Pubblico soddisfatto e applausi per tutti, tranne che per il tenore, accolto da un mare di fischi quando si è presentato da solo al proscenio.
Interpreti: Cedolins/ Miricioiu, Cornetti/ Sebron, Cupido/ Portilla/ Licitra, Gazale, Parodi, Bolognesi, Nardinocchi, Orsolini/ Casertano, Igarashi, Lucarini/ Curiel
Regia: Mauro Bolognini ripresa da Alberto Fassini
Scene: Ettore Rondelli
Costumi: Maria De Matteis
Corpo di Ballo: Corpo di ballo del Teatro dell'Opera
Coreografo: Roberto Fascilla
Orchestra: Orchestra del Teatro dell'Opera
Direttore: Daniel Oren
Coro: Coro del Teatro dell'Opera
Maestro Coro: Andrea Giorgi