La fiaba di Rusalka

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

Rusalka (Foto Luciano Romano)
Rusalka (Foto Luciano Romano)
Recensione
classica
Teatro San Carlo di Napoli
Rusalka
20 Novembre 2024 - 07 Dicembre 2024

Torna al Teatro di San Carlo di Napoli dopo dieci anni Rusalka di Antonín Dvořák, questa volta con la regia firmata da Dmitri Tcherniakov, ad inaugurare la Stagione 2024/2025, mercoledì 20 novembre. Il capolavoro di Dvořák è una nuova produzione del Teatro napoletano, con una fantasiosa, quasi dissacrante regia e con la ottima direzione di Dan Ettinger. Gesto assolutamente sobrio, ma sempre dispensato con esatto controllo sia in buca che alle voci, il direttore domina l’opera con perizia intelligente, sonorità caratterizzante, pregnante. Quasi stupisce l’inversione interpretativa rispetto anche all’ultima Carmen il mese scorso, da parte del direttore musicale del teatro. L'interpretazione di Ettinger disegna una mappa sonora, dal lago (una piscina da nuoto sincronizzato) ai giardini del castello, entro la quale il suono dell'orchestra lievita e riempie la sala. L’orchestra ha timbro caldo, con rintocchi dell’arpa, fino a squarci timbrici eccezionali dei flauti. Mai purtroppo applausi a scena aperta, ma si sa il pubblico della prima di gala frequenta il teatro spesso con estraneo imbarazzo. Emozionanti i momenti con coro nel ballo, preparato da Fabrizio Cassi, e i potenti sipari finali degli atti, che Dvořák cesella, intrecciati con le voci come pagine riflessive di una sirena innamorata e triste e della comunità.   

Rusalka e le ninfe si trovano all’allenamento in piscina quando Vodník, qui il coach, le raccoglie nel suo mondo - interpretato con totale immedesimazione dalla lituana Asmik Grigorian, pragmatica più che sensuale in un primo atto spedito, come si richiede, illusione del sogno di amore, libertà di coscienza, quale bene più alto dell'umanità che ci raccontiamo con le fiabe. Anche la toccante Ježibaba Anita Rachvelishvili, ideale nello spirito della tragedia, ma soprattutto di intonazione e fraseggio penetranti come nel duetto al primo atto, ricorda il dramma d'una esistenza senza amore. Vodník, il basso ungherese Gabor Bretz, canta bene subito severo e ben deciso a raddrizzare i sogni della giovane Rusalka. Lo vediamo così con contrasti inconciliabili nell'anima e pennellate aggressive tipiche di una regia che va oltre la fiaba: uccide lui il principe che non muore tra le braccia di Rusalka sotto gli occhi increduli dei più. Adam Smith, appunto il Principe, Ekaterina Gubanova La Principessa Straniera, bravi nel carattere sempre severi a ribadire il fondamento della fiaba. Peter Hoare e Maria Riccarda Wesseling poi vestono i panni del Guardiacaccia e dello Sguattero, che nella inedita visione del regista sono il Padre e la Madre di Rusalka. Questa una delle varie trovate dalla squadra di Tcherniakov per svelare i segreti dell’Opera Rusalka, secondo le sue parole nel programma di sala: “Importante è invece decifrare quello che [l’opera] cela, il suo segreto”. Sparigliati i problemi oggettivi della complessità dell’intreccio lungo i tre atti, la drammaturgia appunto non sorprende ma sostanzialmente racconta tutt’altro di quello che si ascolta. E l’Opera si sa è musica. La regia è per tutto convenzionale alle mode del momento, con animazioni in video proiezioni e chiaroscuri dominanti, l'atmosfera è volutamente tutt’altro che fiabesca ma sempre sinistra e pericolosa, neanche nella scena da ballo – nella quale almeno i costumi di Elena Zaytseva fanno sorridere per stravaganza - ma ovunque alte pareti nere e riquadri dalle quali far penetrare occasionalmente la luce e anche i cantanti. Con molti applausi, comunque, Il San Carlo  - e una lunga lista di celebrità che affollavano il foyer - ha accolto queste quasi tre ore di un mondo fiabesco mai recuperabile. 

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