Alexandre Kantorow trionfa alla Scala

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

Alexandre Kantorow (Foto Brescia Amisano)
Alexandre Kantorow (Foto Brescia Amisano)
Recensione
classica
Teatro alla Scala, Milano
Alexandre Kantorow
19 Novembre 2024

Con il debutto di Alexandre Kantorow al Teatro alla Scala, lo scoro 19 novembre si è concluso il ciclo dei concerti solistici “Grandi pianisti” che quest’anno ha visto sfilare Daniil Trifonov e Beatrice Rana, tornata a Milano a breve distanza di tempo in veste di solista con l’Orchestra Haydn, mentre è stata cancellata la partecipazione di Hélène Grimaud per indisposizione dell’artista.

Tra tutti, quello di Kantorow è stato senza dubbio il recital più atteso, anche per il carattere inconsueto del programma proposto, oltre che per la sua difficoltà. Contrariamente a quanto ci si aspettava, Kantorow non ha sfruttato il palcoscenico milanese unicamente per promuovere il disco appena uscito. Il pianista ha invece estratto i lavori più audaci dai suoi ultimi quattro dischi, tutti editi per l’etichetta BIS, quasi a voler rendere partecipe il pubblico milanese del percorso intrapreso con la vittoria del Concorso Čajkovskij di Mosca, entrando nella storia come primo artista francese a conquistare il podio della competizione e a ottenere il Grand Prix, a oggi assegnato solo tre volte.

Con grande semplicità e stile anticonformista - un bravo bohémien secondo il giudizio di alcune signore presenti in sala, pronte a perdonargli di aver dimenticato il frac solo dopo le prime note -, Kantorow inizia il concerto con la Rapsodia n. 1 di Brahms, brano che si è specchiato più tardi nell’ostica Rapsodia di Bartók, resa con rara naturalezza e un pizzico di apparente spontaneità, esaltando al massimo l’estro improvvisativo proprio di questa forma musicale. Dalle sue interpretazioni sgorga musica allo stato puro: non si percepisce il minimo sforzo tecnico, nemmeno innanzi ai passaggi più ostici, offrendo un infinito ventaglio di sonorità tali da lasciare l’ascoltatore senza fiato. Il suo impegno è tutto indirizzato a rendere vive le situazioni suscitate dalla musica, basti pensare con quale impeto è riuscito ad avviare la tormenta di neve nell’ultimo degli Études d'exécution transcendante di Liszt.

In altre circostanze il concerto poteva benissimo concludersi con la prima Sonata di Rachmaninov, definita dallo stesso autore troppo lunga e troppo difficile. Fortunatamente il programma è proseguito con una sublime interpretazione della Ciaccona di Bach trascritta da Brahms per la mano sinistra, prima del vero fuori programma, giunto a gran richiesta dal pubblico in delirio che ha letteralmente affollato il teatro: la trascrizione di Liszt della Morte di Isotta, scena tratta dal Tristano di Wagner.

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