Nel giorno in cui ricorre l'anniversario della scomparsa di Giuseppe Verdi, avvenuta 103 anni fa ad avvio di un Novecento che ancora non conosceva le due Guerre Mondiali, nella cittadina di Busseto si apre l'ormai tradizionale stagione lirica prodotta dalla Fondazione "Arturo Toscanini". Un 27 gennaio che oggi rappresenta anche il giorno della memoria per le vittime del nazismo e che, in maniera misurata e almeno ideale, sembra aver trovato alcuni rimandi anche in questo allestimento de "I Vespri siciliani" curato per regia, scene e costumi da Pier Luigi Pizzi. Una unità di concezione che sicuramente ha giovato alla coerenza con cui si è presentata questa messa in scena, caratterizzata da una cupezza di fondo che passava da una scena completamente nera, dal fondo ai praticabili ricoperti da un telo scuro, agli abiti - anch'essi neri - di tutti i personaggi (protagonisti, popolo, eccetera) tra cui le divise francesi, ben più vicine a noi di quel 1282 nel quale si muove originariamente il dramma verdiano. Un buio - appena stralciato da uno specchio sul fondo - che può rievocare lo stato di un popolo oppresso - in questo caso quello siciliano - guidato nella rivolta dalla sete di vendetta di alcuni detentori di conti in sospeso (qui l'uccisione del fratello) nei confronti del regime al potere. E simboli di regime sono emersi nel corso dei cinque atti - qui proposti nella versione scorciata diretta da Gavazzeni nel 1970 - specie nel quarto e quinto, dove rispettivamente l'ara del supplizio e l'altare di nozze riportavano - in risalto sul marmo bianco - il ben conosciuto emblema dei "fasci". In questo clima, ecco che i rari vestiti colorati delle popolane, e quelli più sgargianti della festa da ballo arredavano significativamente la scena, culminando nel candido abito da sposa di Elena. Una messa in scena, insomma, che ha giocato in maniera non più che funzionale sull'equilibrio e sulla rievocazione piuttosto che sulla descrizione, condizionata dalle dimensioni - in questo caso davvero proibitive - di questo teatrino, animando l'impostazione di fondo con soluzioni che hanno portato il coro e i personaggi ad abitare la platea, ottenendo dal punto di vista musicale una sorta di effetto di spazializzazione naturale a tratti anche efficace. Ma alla prima bussetana ciò che ha segnato questa rappresentazione è stata anche la sostituzione del basso Andrea Papi il quale, dopo aver interrotto, scusandosi con il pubblico, l'aria di Procida del secondo atto, è stato rimpiazzato - con buon impegno - da Orlin Anastassov. Per il resto nella compagnia di canto si è distinto per continuità il Monforte di Vladimir Stoyanov, mentre Amarilli Nizza ha dato vita ad una Elena a tratti incerta, così come Renzo Zulian nei panni di Arrigo. Stefano Ranzani, alla guida dell'orchestra e coro della Fondazione "Toscanini", ha tenuto in maniera sostanzialmente salda il timone della concertazione, senza insistere più di tanto in ricercate soluzioni espressive. Calorosissimo, e per tutti, il successo di pubblico, abitato dagli assidui personaggi più o meno famosi.
Note: nuovo allestimento
Interpreti: Stoyanov/Kyoo Kang, Lana, Muzzi, Zulian/Oniani, Papi/Anastassov, Nizza/Borsi, Carrao, Trucco, Olivieri, Koroneos, Casalin
Regia: Pier Luigi Pizzi
Scene: Pier Luigi Pizzi
Costumi: Pier Luigi Pizzi
Corpo di Ballo: Corpo di ballo: Balletto Teatro di Torino
Coreografo: Luca Veggetti
Orchestra: Orchestra e Coro della Fondazione Arturo Toscanini
Direttore: Stefano Ranzani
Coro: Orchestra e Coro della Fondazione Arturo Toscanini
Maestro Coro: Marco Faelli