Un Verdi popolare e visionario

"Trovatore" visionario a Ravenna, impostato su una drammaturgia astratta e costruita su proiezioni fotografiche di luoghi tra lo storico e l'industriale. Elementi esterni al dramma verdiano erano gli interventi narrativi che illustravano passo passo la vicenda e la spazializzazione del suono. Ben equilibrata la compagnia di canto, misurato il coro e un poco in ombra l'orchestra.

Recensione
classica
Ravenna Festival Ravenna
Giuseppe Verdi
20 Giugno 2003
Perfettamente in linea con la traccia ideale che guida il Ravenna Festival 2003, e che ci porta nella dimensione visionaria di una città "pellegrina e straniera", il "Trovatore" messo in scena al Teatro Alighieri propone una lettura, nel suo complesso, dai tratti sicuramente marcati. Un'apertura di cartellone di segno deciso, dunque, che reinterpreta l'opera verdiana immergendola in un mondo onirico rievocato sul palcoscenico attraverso le scenografie visive rappresentate dalle immagini fotografiche di Enrico Fedrigoli, elaborate al computer da Luca Dalcò. Proiezioni che si sovrappongono e si fondono su teli trasparenti in una sequenza di piani ora collettivi e profondi, ora più intimi e vicini. L'attenta regia di Cristina Mazzavillani Muti ha calato i personaggi in questo mondo astratto, incastonando la vicenda tra monumenti e scorci industriali – il passato e il presente di una storia immortale – operando una sorta di straniamento drammaturgico il cui dato più palese si rivelava nei sette interventi narrativi affidati a Ermanna Montanari e Daniela Piccari. Dialogando da due palchi, le attrici hanno rievocato dunque la drammatica – e peraltro abbastanza nota – storia del trovatore, in un racconto popolare nutrito da cadenze romagnole. Un impianto che, in generale, ha fornito non pochi spunti interessanti allo spettatore, ma che a tratti risultava un poco ridondante, come l'uso della spazializzazione del suono – curata da un esperto come Alvise Vidolin – la quale ha regalato momenti di indubbia suggestione ed altri di confusa commistione timbrica. Sul versante musicale troviamo il piglio deciso di Julian Kovatchev, impegnato ad appianare alcune iniziali incongruenze ritmiche tra il palcoscenico e un'Orchestra Bruno Maderna non sempre omogenea. Il coro, posto sul fondo quale ideale testimone della vicenda e protagonista di interventi misurati ma adeguati, era quello dell'Accademia di Santa Cecilia (che ha dedicato la serata al ricordo di Luciano Berio). La compagine vocale si è rivelata equilibrata, formata da giovani cantanti come Vittorio Vitelli, un Conte di Luna ben tratteggiato, Isabella Sacco nei panni di Leonora, Tiziana Carraro in quelli di una Azucena efficace sia sul piano vocale sia su quello drammatico, Giuseppe Gipali, un Manrico vocalmente adeguato e Paolo Pecchioli nei panni di Ferrando. Alla fine il folto pubblico dell'Alighieri ha tributato un deciso successo a questo Trovatore "visionario", apprezzando il lavoro di tutti gli artisti impegnati.

Interpreti: Vittorio Vitelli, Isabella Sacco, Tiziana Carraro, Giuseppe Gipali, Paolo Pecchioli

Regia: Cristina Mazzavillani Muti

Scene: Enrico Fedrigoli

Orchestra: Orchestra Bruno Maderna

Direttore: Julian Kovatchev

Coro: Coro dell'Accademia di Santa Cecilia

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