Tre atti unici di Gino Negri allo Sperimentale di Spoleto

Le tre operine presentate in una nuova produzione di Pier Luigi Pizzi

Trittico Negri (Foto Niccolò Perini)
Trittico Negri (Foto Niccolò Perini)
Recensione
classica
Spoleto, Teatro Caio Melisso
Trittico Negri
28 Agosto 2025 - 31 Agosto 2025

Agli intermezzi della scuola napoletana del Settecento, che da svariati anni sono un appuntamento fisso delle stagioni del Teatro Sperimentale di Spoleto, si sono ora aggiunti quelli che si potrebbero definire intermezzi milanesi, ovvero brevi operine novecentesche di compositori milanesi o di ambito milanese. Gli innumerevoli intermezzi napoletani del Settecento e i pochi intermezzi milanesi del Novecento hanno spesso in comune sia l’argomento (sempre comico negli intermezzi napoletani, non sempre in quelli milanesi) che l’organico strumentale ridotto e le esigenze sceniche tutt’altro che faraoniche. E soprattutto gli uni e gli altri sono oggi semidimenticati o dimenticati del tutto, con rare eccezioni. 

Dopo Franco Donatoni , Mario Peragallo , Fiorenzo Carpi , Giacomo Manzoni , Nino Rota, Luciano Chailly e Bruno Bettinelli  , quest’anno a Spoleto è stata la volta di tre operine di Gino Negri composte alla fine degli anni cinquanta del secolo scorso.

Negri era un musicista a dir poco eclettico, molto versatile e altrettanto vitale. Era un “compositore di musica dei più svariati generi e destinazioni d’uso, pianista, direttore d’orchestra, cantante, arrangiatore, strumentatore, scrittore, traduttore, critico musicale, insegnante, divulgatore, organizzatore musicale e molto altro ancora” (tra questo molto altro vanno inclusi i ruoli di  conduttore televisivo e docente di storia della musica), come scrive Angela Annese nel suo informatissimo testo pubblicato sul programma di sala, in cui fa rivivere il vivace mondo culturale della Milano di quegli anni. Una vivacità che si riflette in questi tre atti unici di Negri, dove s’intrecciano diverse e disparate suggestioni musicali (dalla dodecafonia al cabaret), letterarie (dai romanzi di Moravia alle farse di Labiche) e cinematografiche (i film di Antonioni, Fellini, René Clair).

Come ha detto Enrico Girardi, direttore artistico dello Sperimentale, questi tre atti unici passano dal nero di Vieni qui Carla  al grigio di Giorno di nozze  e al bianco (un bianco ravvivato da macchie di colori sgargianti) di Il tè delle tre,  simultaneamente passando dalla dodecafonia del primo al cabaret del terzo e offrendo così un compendio della musica di Gino Negri.

Vieni qui Carla   è tratto (il libretto è di Negri stesso, come quelli delle altre due operine) da Gli indifferenti  di Moravia e s’incentra sul perverso gioco maschilista di dominio e seduzione architettato dal maturo e cinico Leo per conquistare (eufemismo) la giovane Carla, che cerca di respingerlo ma allo stesso tempo ne è affascinata. La dodecafonia - trattata da Negri nello stesso modo libero ed elastico con cui l’usava il suo amico e sodale Bruno Maderna - è usata per creare sonorità fredde, acide, distaccate, che ben si attagliano al deserto sentimentale e all’abisso morale dei rapporti tra Leo e Carla.

L’atmosfera cambia in Giorno di nozze, dove Negri flirta con la musica leggera, che costituisce la colonna sonora della vita della protagonista Marina e risulta perfetta per esprimere con immediatezza i suoi affetti semplici e spontanei.

Queste due operine ottengono un certo effetto e riscuotono una buona dose di applausi ma la terza, la farsa musicale Il tè delle tre, è accolta da risate a scena aperta e applausi entusiastici alla fine: un meritato trionfo. La protagonista è una cantante dall’aspetto mascolino (e infatti alla fine si scopre che è un uomo) che canta una serie di irresistibili parodie di canzoni, cominciando con una inglese e proseguendo con una italiana, una francese, una americana, una tedesca, una russa, i cui testi sono insensate accozzaglie di parole nelle varie lingue, storpiate e accostate a caso. 

Gli interpreti erano i giovani vincitori del concorso di canto dello Sperimentale. Nella recita di cui qui si riferisce si sono ascoltati Beatrice Caterino e Dario Sogos in Vieni qui Carla Kristyna Kustkova in Giorno di Nozze  e Paolo Mascari, Chiara Latini e Francesca Lione in Il tè delle tre.  Tutti si sono dimostrati perfettamente all’altezza sia come attori che come cantanti, con appena qualche lieve imprecisione nei momenti più scatenati. Erano sorretti dalla bacchetta affidabilissima e precisissima di Marco Angius che dirigeva gli strumentisti dell’Ensemble Calamani del Teatro Lirico Sperimentale.

Pier Luigi Pizzi, un giovanotto che all’anagrafe risulta avere novantacinque anni, si è occupato di regia, scene e costumi e ha creato uno spettacolo che coniugava l’eleganza delle sobrie scene quasi geometriche con la naturalezza e la spigliatezza della recitazione, che calzava come un guanto sia all’atmosfera cupa di Vieni qui Carla  che alla comicità pirotecnica di Il tè delle tre.  

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