La vivacità degli incontri musicali di Vézelay, la città della voce
Tra i protagonisti il direttore d’orchestra Léo Warinsky e il suo ensemble Les Métaboles

Venticinque anni d’esistenza già, eppure i Rencontres musicales de Vézelay in Borgogna-Franca Contea non mostrano una ruga, anzi il Festival d’agosto si contraddistingue per varietà e frescezza di proposte, con un occhio di riguardo al pubblico giovane e alle iniziative coinvolgenti e partecipative degli spettatori in esperienze musicali immersive. Se Vézely era nota in passato sopratutto per la sua magnifica basilica di Sainte-Marie-Madeleine, che ancora conserva reliquie della Santa, e per essere in Francia uno dei punti di partenza per il pellegrinaggio a Santiago de Compostela, oggi è sempre più identificata come la Cité de la Voix, struttura creata nel 1999 in vecchio ospizio ristrutturato, nel 2019 riconosciuta come Centro nazionale d’arte vocale, con l’obiettivo di ospitare artisti e giovani ensemble in residenza, organizzare attività educative musicali ed, ovviamente, tanti concerti. Il successo e la fama sono crescenti, con il pubblico che arriva ormai da tutta la Francia e dalle nazioni vicine. E gran parte delle attività sono ad ingresso gratuito.
Tra i protagonisti quest’anno proprio un artista e un gruppo in residenza, il direttore d’orchestra francese d’origini polacche Léo Warinsky ed il gruppo vocale Les Métaboles da lui creato nel 2010 che si contraddistingue per il taglio moderno delle sue esecuzioni a cappella. Tra i concerti più suggestivi ascoltati a Vézelay quest’anno una loro esecuzione da Another Look at Hatmony Part IV (1975) di Philip Glass (1937-) integrato all’inizio dal Canone a 16 all’unisono del compositore italiano Andrea Basili (1705-1777), all’organo il maestro francese Denis Comtet. Lavoro scritto da Glass al culmine della sua prima fase creativa, quella di un altro sguardo all’armonia, subito prima della sua consacrazione mondiale con Einstein on the Beach al Festival teatrale d’ Avignone, in un momento in cui le diverse arti tendevano particolarmente ad incrociarsi. Warinsky ne ha voluto dare dunaque un’interpretazione con una dimensione integrata visiva. Gli artisti plastici Céline Diez e Clément Debailleul hanno così installato tre grandi dischi argentati sopra il coro ed in ciascuno hanno proiettato differenti interpretazioni della partitura, figure liquide e geometriche vive, in continua evoluzione, che appaiono e scompaiono accentuando l’effetto ipnotico della musica di Glass e sublimando le sue variazioni minimali. Les Métaboles sono stati bravissimi, regalando un’esecuzione di grande precisione ed effetto, basandosi sull’edizione più recente dell’opera di Glass, quella pubblicata da Dunvagen con diverse revisioni rispetto alla prima, e che è stata l’anno scorso registrata proprio da Warinsky e Les Métaboles alla Città della Voce di Vézelay. Il concerto è stata l’occasione per presentare il loro lavoro dal vivo e con in più, come detto, la contemporanea messa in luce plastica della musica e anche, come già nel disco, con l’abbinamento alla musica di di Glass della composizione settecentesca per coro a 16 voci di Basili, che richiama a sua volta le grandi opere polifoniche del Rinascimento. I coristi entrano uno dopo l’altro nel buio, tutti con la stessa tunica ed uno spartito sormontato da una piccola luce come una fiammella, e cominciano a cantare insieme in un ciclo che si ingrossa e varia incessantemente in modo sottile, oggi diremmo minimale, integrandosi infine, con perfetta continuità, pur nella diversità di stile, con la scrittura di Glass in un’esperienza immersiva di suoni e luce di grande suggestione e bellezza.
In questo stesso spirito, di musica viva, non fossilizzata, e di creare legami, Warinsky e Les Métaboles, con l’Orchestre national de Metz Grand Est, hanno proposto a chiusura quest’anno del Festival un Requiem di Mozart, nella versione del 2019 Michael Ostrzyga, integrato all’inizio dal Libera me composto nel 1827 da Ignaz Ritter von Seyfried, brano composto per essere eseguito proprio alla fine del Requiem di Mozart, di cui riprende alcuni temi. Ma sopratutto hanno pure integrato al Requiem una nuova creazione, Mnemosyne, del compositore Philippe Haersant (1948-), francese nato a Roma e con soggiorno di perfezionamento a Villa Medici. Una composizione creata nel 2024 per il Jeune Choeur de Paris con l’indicazione di riprendere precisamente l’organico strumentale e vocale particolare del Requiem di Mozart e per cui Haersant ha scelto di mettere in musica un poema funerario greco anonimo del V sec. a.C. trovato in una tomba in nord Africa e paragonabile al Libro dei Morti egiziano o tibetano. Musicalmente, qui non ci sono richiami diretti al Requiem di Mozart, malgrado l’organico sia lo stesso e la composizione è nata per precedere il Requiem di Mozart, ma il compositore sviluppa la sua estetica tonale con richiami alla musica bizantina. Un concerto che è andato subito esaurito per un programma “contaminato” che è stato, quindi molto apprezzato dal pubblico.
Tra i tanti altri appuntamenti dei quattro giorni del Festival, c’era attesa pure per l’oratorio La Maddalena penitente ovvero il Trionfo della Grazia (1685) di Alessandro Scarlatti proposto nella più piccola chiesa di Saint-Germain, pure dalla buona acustica, nella vicina località di Vault-de-Lugny. Ad eseguirlo l’ensemble Céladon diretto dal controtenore Paulin Bundgen nel ruolo anche della Penitenza, Maddalena e Gioventù interpretati invece rispettivamente dai soprano Marie-Frédérique Girod e Lise Viricel. Se la parte strumentale è stata ben eseguita dall’ensemble, specialista di musica antica, le voci, pur belle in sé, non sono apparse adatte e l’oratorio è risultato un po’ piatto, mancando un po’ di drammaticità e virtuosismo, la voce soave della Girod più adatta alla seconda parte quando Maddalena si ravvede, lo stesso per la Viricel, meglio nella seconda parte che necessità di minore agilità ma che comunque si è fatta ammirare in generale per piglio interpretativo e buona pronuncia italiana.
Nella stessa chiesa, il giorno dopo, tutta un’altra atmosfera e grande successo invece per l’energizzante concerto Viva la Gracia! con la franco-boliviana Mariana Delgadillo Espinoza ed il suo gruppo Alkymia. Un programma di musica popolare, “villacicos de negros”, danze barocche e tradizionali ibero-americane di ieri e di oggi, un’esplosione di ritmo e tanta allegria al suono dei tamburi ma anche, sotto il sorriso, tutto il dramma della colonizzazione e dello schiavismo. Ad apertura dei Rencontres musicales de Vézelay quest’anno è ststa proposta La Selva Morale e spirituale di Monteverdi diretto da Vincente Dumestre eseguito da Le Poéme Armonique, nonché il giorno dopo c’è stata a tradizione corale tedesca all’onore con Warum?, un programma sul senso della vita che ha spaziato da Brahms a Schonberg ma che, malgrado le traduzioni dei testi proiettati su schermi laterali, ha coinvolto meno il pubblico e non ha saputo ben differenziare nell’esecuzione le sfumature di stile dei diversi compositori.
Nella terrazza belvedere dietro la grande basilica allestito un palco dove gratuitamente per il pubblico si sono si sono alternati diversi artisti, noi abbiamo ascoltato con piacere La voix du Fado del cantante e chitarrista Duarte nonché i canti di lavoro tra America latina e mondo arabo proposti con la bella voce profonda e sensuale di Diana Baroni. Nella terrazza sabato sera si è tenuto il tradizionale gran ballo, quest’anno con musica creola e travestimenti. Grande successo poi per gli atelier di canto e di danza alla Cité de la voix, per la cantata partecipativa di un brano di Bach nella piccola, deliziosa Eglise Notre Dame de Saint-Pere con la guida del maestro Olivier Fortin, e sempre tutti esauriti i posti pure per ascoltare le “Mise en oreille” dei concerti a cura dei musicologhi Nicolas Dufetel e Pholippe Gonin.
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