Aida di cristallo in Arena

A Verona con la regia di Stefano Poda

Aida (Foto ENNEVI)
Aida (Foto ENNEVI)
Recensione
classica
Arena di Verona
Aida
20 Giugno 2025 - 04 Settembre 2025

A Verona prosegue la 102esima edizione dell’Arena Opera Festival e allo stesso modo continuano le recite di Aida nell’allestimento di Stefano Poda, che ha debuttato nel 2023. La regia visionaria e provocatoria dello scenografo, costumista e light designer punta a suscitare nel pubblico primariamente l’effetto wow, offerto da vistose luminescenze (i costumi scintillanti e riflettenti del coro nel secondo atto o i lunghi fasci di luce che irradiano il cielo veronese a mo’ di fari – spesso fuori luogo – da discoteca) e bizzarre, mai veramente riuscite, coreografie (gradevolmente geometriche, ma fin troppo statiche). Pertanto, si può dire che l’aspetto allucinatorio e astratto di questa “Aida di cristallo” – così ribattezzata ufficialmente dal festival stesso – convinca solo nelle scene dal grande afflato mistico (l’ipnotico finale del primo atto) e talvolta in quelle di massa (ottimi i finali del secondo e del terzo atto; invece, goffa e ridicola la Marcia Trionfale, degna di un b-movie fantascientifico degli anni Cinquanta). Al contrario, la messinscena ricade nell’inconsistenza drammaturgica e nella vacuità retorica (l’imponente mano metallica posta a troneggiare sul fondo del palcoscenico come didascalico simulacro del Potere) durante i momenti più intimi (ad eccezione del religioso e intenso finale del quarto atto, con il coro schierato austeramente lungo il lato posteriore del palcoscenico), che, purtroppo per il regista, costituiscono il cuore dell’opera. 

Sul fronte musicale, lo spettacolo del 24 agosto si fregia di due interpreti di prim’ordine nei ruoli principali. Maria José Siri (che in questa produzione è il soprano ad aver collezionato più recite) dipinge Aida con adeguato struggimento e trasporto emotivo, esibendo una tecnica vocale pressoché immacolata e dispiegando un canto sempre ben appoggiato e ricco sia di soavi e intime mezzevoci, sia di possenti acuti raggiunti con chiarezza e buon piglio tecnico, grazie a notevoli messe di voce (sublime la resa di O cieli azzurri, in cui i toccanti filati e le possenti e intonate note alte esplodono congiuntamente). Yusif Eyvazov (anche per lui il primato di numero di recite nel corso della stagione) conferisce a Radamès un’appropriata intensità emotiva (merito anche di una rifinita dizione) e stupisce per i progressi tecnici registrati nel corso degli anni: il timbro chiaro rifulge particolarmente nel registro acuto e lo strumento ben educato è corredato da raffinati pianissimo (apprezzabile e non scontato il “morendo” – come da partitura – al termine di Celeste Aida), che attestano la solida maturità tecnica e interpretativa del tenore azero. 

Agnieszka Rehlis (Amneris) si distingue per l’intonazione del registro centrale e per l’interpretazione sanguigna attribuita al personaggio – particolarmente adatto al timbro brunito e rotondo del mezzosoprano polacco –, di cui offre una caratterizzazione sufficientemente complessa (lo si nota nel confronto finale con Radamès ormai in catene, all’inizio del quarto atto, in cui la principessa egiziana alterna l’ira per il tradimento subito alla disperazione per l’amore perduto). Youngjun Park (Amonasro) convince pienamente con la bellezza del fraseggio e l’accurata dizione, restituendo tutta l’autorevolezza e la caparbietà del monarca etiope. Le voci profonde e massicce degli ieratici Simon Lim (Ramfis) e Ramez Chikviladze (il Re) conquistano e fanno tremare l’arena grazie alle loro robuste note basse. Completano il cast Francesca Maionchi (Gran Sacerdotessa), dallo strumento squillante e ben proiettato, e il professionale Riccardo Rados (Un messaggero). Superlativa la prova del coro, sempre intonato e capace di far sussultare il pubblico con la potenza delle sue voci (entusiasmante nei finali I e II). 

A guidare l’orchestra areniana, di cui si applaude il suono morbido e compatto, un veterano del podio come Daniel Oren. Per il direttore israeliano un’opera come Aida non ha segreti e la conduzione è infatti impeccabile: un perfetto equilibrio tra la musicalità delle sezioni più intime e liriche e l’intensità dinamica dei momenti più concitati.

Calorosi applausi per tutti gli artisti da parte di un’arena non gremita. 

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