Risorgimento in camera

Verdi in miniatura con gli Architorti e Marco Robino

Recensione
classica
Palazzo Saluzzo Paesana è a Torino. Un capolavoro di architettura settecentesca di Gian Giacomo Plantery. Il cosiddetto “appartamento padronale” non è pratico come residenza privata, né come ufficio. Così la proprietà lo ha affidato a un’associazione, l’Ufficio delle Arti, che ci fa delle cose, per ripagarne il mantenimento e per permettere a qualcuno di goderselo qualche ora ogni tanto. Il partner musicale dell’Ufficio delle Arti è Marco Robino, violoncellista e compositore e arrangiatore, collaboratore di vari progetti di Peter Greenaway, e infaticabile animatore di educazione musicale tra le scuole del pinerolese, sotto le montagne a ovest di Torino.
Il quintetto Architorti di Robino ogni due lunedì fa una serata di musica. Una vera e propria camerata. Perché è in una camera dell’appartamento. Ci stiamo in 80, non di più. Nessuno finanzia qui: né il Ministero, né la Regione, né il Comune: non c’è nessun papavero. La gente paga 25 euro per un bicchiere di vino e un po’ di grissini prima del concerto. Ieri era “Risorgimento… con brio”. Che è anche il disco che Architorti e Robino hanno appena fatto con la casa editrice valdese Claudiana, che torna a fare progetti con quel pazzerello di Robino, buffo conferenziere dei suoi concerti. Che ha arrangiato per quintetto mezzo Verdi, due canti valdesi, un canto degli alpini e “Bella ciao”, perché, dice Manuel Kromer, direttore della Claudiana, i nostri partigiani avevano lo stesso spirito dei nostri eroi risorgimentali, e leggevano Mazzini. In un palazzo così, con Verdi piccinino in camera, e gente così vicina, sembrava di essere nel Risorgimento proprio. Avevamo tutti le coccarde. Avevamo appena vinto, direi, visto il clima di simpatia e indipendenza. In tempo di depressione culturale, tagli umilianti, guerre incerte, dolori planetari, ci si è permessi una pausa. “La bella Gigogin” non era neanche pacchiana, era caruccia.


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