"Otello", o il ritorno di Cecilia Bartoli
Trionfo per lei, ma la direzione di Jean-Christophe Spinosi delude
Recensione
classica
Da venti anni Cecilia Bartoli si esibiva a Parigi solo in concerto, disdegnando le produzioni operistiche. Quanto basta per fare di questo "Otello" un evento. E così è stato. Eventuali perplessità sulla scelta di scivolare in un ruolo che “non è per lei” vengono rapidamente spazzate via sia dal suo ingresso in scena. Mai una Desdemona è parsa più credibile. La Bartoli eccelle per i vocalizzi e per una tavolozza di registri che va dal patetico (la canzone del salice) al tragico carnale (il finale dell’atto II). Ma niente è gratuito e tutto in lei ha una coerenza drammatica pensata. L’affiancano tre tenori eccelsi: Barry Banks, John Osborn che lievita di atto in atto arrivando ad una sublime scena finale, e Edgardo Rocha. Questi, la sorpresa: un cocktail di destrezza tecnica, di soavità timbrica e di pertinenza stilistica.
Il rischio di rovinare il lavoro vocale è venuto da Jean-Christophe Spinosi. Alcuni effetti furbescamente calcolati (sempre gli stessi, ormai logori: gioco sui pianissimi, che a volte lasciano da soli i cantanti), non bastano a salvare la mancanza di visione (e di lavoro): pareva non capire quello che succedeva in scena e non sapere dove andare. Un risultato piatto e caotico. Come perdonargli di avere rovinato la cabaletta “Nel seno già sento” e “Ah sì per voi già sento”, malgrado due interpreti d’eccezione? Moshe Leiser e Patrice Caurier trasportano l’azione negli anni Sessanta. Quello di Desdemona è un mondo in frac, quello di Otello da bassifondi. Bravissima attrice, la Bartoli sa inoculare passione ad un libretto levigato per convenzione dell’epoca. Le luci di Christophe Forey hanno reso un po’ di poesia ad un universo monolitico. Alla prima donna fiori e ovazioni, distribuite pure agli altri cantanti. Fischi sonori per il direttore d’orchestra.
Interpreti: John Osborn Otello Cecilia Bartoli Desdemona Edgardo Rocha Rodrigo Barry Banks Iago Peter Kalman Elmiro Liliana Nikiteanu Emilia
Regia: Moshe Leiser, Patrice Caurier
Scene: Christian Fenouillat
Costumi: Agostino Cavalca
Orchestra: Ensemble Matheus
Direttore: Jean-Christophe Spinosi
Coro: Chœur du Théâtre des Champs-Elysées
Maestro Coro: Gildas Pungier
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
classica
Saltata la prima per tensioni sindacali, il Teatro La Fenice inaugura la stagione con un grande Myung-Whun Chung sul podio per l’opera verdiana