La fredda e sublime agonia di Ermengarda
A Parma presentata Crine_Ermengarda oratorio, una nuova produzione dei festival Natura Dèi Teatri di Lenz e ParmaJazz Frontiere ispirata all’Adelchi di Manzoni
Figlia di Desiderio re dei Longobardi, prima moglie di Carlomagno e da lui ripudiata, Ermengarda è la tragica figura al centro di Crine_Ermengarda oratorio, nuova opera performativa, visuale e musicale realizzata da Lenz Fondazione in coproduzione con ParmaFrontiere, andata in scena nei giorni scorsi a Parma grazie all’interpretazione dell’attrice sensibile Carlotta Spaggiari con musica del compositore e contrabbassista Roberto Bonati.
Dopo Dante nel 2021 e Pierpaolo Pasolini nel 2022, con Crine_Ermengarda oratorio, riedizione performativa ispirata all’Adelchi di Alessandro Manzoni, Lenz rimette al centro della propria indagine performativa uno degli autori fondativi della letteratura italiana per innescare una riflessione sulla potenza poetica e retorica della lingua, innestata sulla contemporaneità e sulla complessità di un’opera della letteratura drammatica scivolata un poco in secondo piano come, appunto, l’Adelchi manzoniano, rielaborato in questa occasione grazie alla lettura restituita dall’installazione site-specific di Maria Federica Maestri con drammaturgia e imagoturgia di Francesco Pititto.
Nell’incombente recinto scenografico rappresentato dalla fredda e spoglia architettura della ex chiesa di San Ludovico, si è quindi mossa la figura di Ermengarda, protagonista di un percorso al tempo stesso fisico e mentale, esteriore e interiore, materiale e spirituale, disegnato attraverso – e attraversando – uno spazio fatto di sguardi – quelli del pubblico schierato da un lato della chiesa – di immagini – quelle proiettate sulla parete opposta al pubblico – e di tappe, queste ultime rappresentate da alcuni elementi materici – panni o involucri o rifugi o nascondigli o trappole… – disposti lungo l’astratto perimetro del mondo mentale e fisico nel quale si muove la protagonista.
Uno spazio claustrofobico e aperto al tempo stesso, ideale rimando da un lato alla condanna rappresentata dal ripudio – vale a dire rifiuto e negazione dell’essere stesso – subìto dalla protagonista e, dall’altro lato, all’istintiva, inarrestabile e irrinunciabile tensione alla rivendicazione della propria indole, del proprio essere, per proprio “io”. Un panorama compresso tra pena e desiderio, tra contingenza e indole, tra carne e spirito che trova un ineluttabile binario lungo il quale raggiungere il proprio fatale destino. Un binario che scandisce lo spazio e il tempo, composto dalla dimensione parallela rappresentata sia dalle quattordici aste lignee che scandiscono lo spazio della chiesa, rimandando alle lance medievali utilizzate per la caccia al cinghiale – animale-simbolo della violenta attitudine venatoria e, al tempo stesso, dell’immanente agonia di Ermengarda –, sia dal suono del contrabbasso di Roberto Bonati, ora plasmato attraverso cellule motiviche reiterate, ora dilatato lungo campate disegnate da note tenute, lunghe e tese, ora ancora inchiodato a grumi timbrici pregni di densità espressiva.
Un fondale al tempo stesso freddamente levigato e intriso di una disperata – e disperante – vitalità, che rimbalzava dalle immagini in bianco e nero che proiettavano il loro riverbero nello spazio – la presenza ispida e selvaggia di una cinghialessa, il viscido intreccio amoroso di due lumache, la fatale e disarticolata decadenza del corpo di un vecchio, il muto anelito, smarrito e scomposto, di un volto femminile – e dall’impasto di parole e movimenti di Carlotta Spaggiari, efficace e diretta presenza scenica al centro di un dialogo tratteggiato in profondo e intimo contrappunto con il racconto liricamente essenziale intagliato dal suono del contrabbasso di Roberto Bonati.
Un percorso pregnante, che ha condotto idealmente per mano – una mano dalla presa sicura e glaciale al tempo stesso – al tragico suicido della stessa Ermengarda un pubblico che – alla seconda recita alla quale abbiamo assistito – ha salutato lo spettacolo con un successo decisamente convinto.
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