Il violino di Leila
Salonen ha diretto il suo Concerto per violino alla Scala: protagonista la Josefowicz
Recensione
classica
Esa-Pekka Salonen, prossimo a dirigere Elektra alla Scala per la regia del compianto Patrice Chereau, è salito sul podio della Filarmonica anche in veste di autore. Nella prima parte della serata il suo Concerto per violino è stato eseguito da una stupefacente Leila Josefowicz (per la quale è stato composto), che insieme a Salonen da tempo lo porta in giro per il mondo. Il brano, dal titolo Out of Nowhere (Fuori dal Nulla), è di grandissimo impatto e con effetti sonori sorprendenti. Ai duri e puri delle vecchie avanguardie non farà forse l'effetto di assoluta novità, ma è di grande interesse. Il dialogo iniziale fra le percussioni (onore al merito a quelle della Filarmonica) e lo strumento solista crea uno strano effetto di rispecchiamento, come se prendesse corpo un doppio, che scompare nel corso della composizione e riaffiora dal magma orchestrale come un fenomeno carsico. Ricompare per esempio nel secondo tempo (Pulse 1) accompagnando un'atmosfera notturna, misteriosa e nel terzo tempo (Pulse 2) con prepotenza scatenando scariche ossessive, per poi pacificarsi nel finale nostalgico (Adieu). Il pubblico ha applaudito con calore la straordinaria violinista che ha poi ha concesso come bis una frammento di Lachen Verlernt dello stesso Salonen.
Il concerto per violino, con accoppiamento davvero azzeccato, è stato preceduto da Una notte sul Monte Calvo di Mussorgsky. Un'esecuzione ottimamente riuscita, con l'orchestra in grado di disegnare con estrema precisione ogni passaggio. Il che non è avvenuto purtoppo col Sacre du Printems di Stravinskij nella seconda parte della serata. Esa-Pekka Salonen è senza dubbio uno dei direttori più interessanti del momento, ma l'orchestra non è stata in grado di seguirne appieno le intenzioni. Qua e là scollamenti fra i fiati, fastidiose imprecisioni dell'insieme e soprattutto scarsa tensione. Peccato, ci auguriamo un pieno riscatto con Elettra.
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