Brunello e l’elogio (musicale) della lentezza

A Parma un intenso concerto in “solo” di Mario Brunello ha chiuso il Festival della Lentezza 2025

Mario Brunello (foto Elisa Morabito)
Mario Brunello (foto Elisa Morabito)
Recensione
classica
Parma, Chiesa di San Francesco del Prato
Festival della lentezza – Mario Brunello
08 Giugno 2025

Chiamato a chiudere l’edizione 2025 del Festival della Lentezza di Parma – manifestazione ormai consolidata che ha proposto quest’anno un cartellone con cinquantanove eventi in tre giorni tra musica, teatro, letteratura, cinema, danza, poesia e laboratori – Mario Brunello ha proposto un programma che si è rivelato un vero e proprio cammino nella storia della musica, percorso in più direzioni con il passo lento ma solido e consapevole di chi è avvezzo a seguire i sentieri di montagna.

Come l’iscrizione “Caminantes, no hay caminos, hay que caminar” letta da Luigi Nono su un muro di un chiostro a Toledo e che ha ispirato l’omonima composizione che l’autore veneziano ha dedicato ad Andrej Tarkowskij, il cammino proposto da Brunello ha lasciato all’ascoltatore il compito di seguire liberamente un sentiero tracciato tappa dopo tappa, accompagnato dal “filo rosso” – tema che ha connotato anche questa XI edizione del festival – intessuto dal suono del suo violoncello.

Ad aprire il percorso di ascolto la Suite in re minore per violoncello solo di Gaspar Cassadó, un brano composto nel 1926 e che condensa l’essenza dell’arte del compositore violoncellista spagnolo, considerato uno dei più rilevanti interpreti del proprio strumento. In questo frangente Brunello ha declinato il segno virtuosistico che innerva i tre movimenti che compongono questo brano attraverso un’intensità espressiva al tempo stesso misurata e pregnante, assecondando quel passo di “sarabanda” che il musicista originario di Castelfranco Veneto ha scelto di comprendere nell’insieme di danze individuato quale ideale motivo conduttore dell’intero concerto. Un tracciato che della danza riprende in un certo senso l’incedere misurato e il continuo ritorno, ora sviluppato nella pagina di Cassadó tra l’ampia articolazione del Preludio-Fantasia iniziale, passando per il secondo movimento plasmato sul ritmo della Sardana – danza tradizionale della Catalogna – per finire con il complesso intreccio che definisce l’Intermezzo e danza finale, innestato sul rimando alla Jota, dinamica danza popolare nazionale dell’Aragona.

Mario Brunello (foto Elisa Morabito)
Mario Brunello (foto Elisa Morabito)

Con il brano successivo siamo passati nell’orizzonte stilistico rappresentato dalla produzione di Mieczysław Weinberg, compositore nato in Polonia, sfuggito per due volte alle invasioni naziste per poi stabilirsi a Mosca dove, per più di trent’anni, mantenne stretti contatti con Šostakovič. Datata 1960, la Sonata No. 1 for Solo Cello Op. 72 qui proposta avvia una raccolta terminata nel 1986 – e alla quale lo stesso Brunello ha dedicato un recente lavoro discografico (Arcana 2024) – attraverso un carattere compositivo denso e asciutto al tempo stesso, dove l’Allegretto centrale emerge quale elemento simbolico dell’intero brano, con il suo carattere parcamente positivo e vitale mitigato volutamente dall’uso della sordina.

Il resto del percorso è stato tratteggiato attraverso la differente cifra timbrica propria del violoncello piccolo, strumento particolarmente amato dallo stesso Brunello e che gli permette di affrontare il repertorio originariamente pensato per il violino, restituendolo attraverso un segno sonoro più brunito. Un carattere che è stato inizialmente presentato grazie a una Passacaglia di autore anonimo del XVII secolo, dove il continuo ritorno del basso ostinato ha creato un’ideale introduzione per la successiva Partita n. 2 in re min BWV 1004 di Johann Sebastian Bach, celebre raccolta di danze per volino del 1720 che propone nella sua struttura il classico schema della Suite con la sequenza dei movimenti – Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga – chiusa dalla celeberrima Ciaccona. Un capolavoro che ha trovato nell’interpretazione di Brunello una rinnovata intensità, grazie ad un tratteggio virtuosistico mai fine a sé stesso, la cui fluidità riusciva ad assecondare un intenso afflato espressivo, al tempo stesso riflessivo e diretto.

Mario Brunello (foto Elisa Morabito)
Mario Brunello (foto Elisa Morabito)

Una qualità interpretativa che ha palesemente coinvolto il numeroso pubblico presente, generoso di applausi ai quali Brunello ha risposto proponendo ancora un brano che ci ha riportati al Novecento e precisamente al 1971, anno della prima versione della composizione Jesus' Blood Never Failed Me Yet di Gavin Bryars, basata sulla registrazione di una breve melodia di un anonimo senzatetto mandata in loop e sovrapposta in tempo reale a diverse linee melodico-ritmiche del violoncello, quasi in un lento rituale fatto di suoni sovrapposti, risuonanti tra gli imponenti archi gotici e l’abside centrale della chiesa ha ospitato questo intenso concerto.

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