Bellini tra riverberi e proiezioni

I Capuleti e i Montecchi di Bellini a Ravenna sono andati in scena in un nuovo allestimento curato da Cristina Mazzavillani Muti caratterizzato da scene otenute con proiezioni digitali di opere del Carpaccio, alle quali facevano da contrappunto soluzioni sonore "speciali", quali riverberi e spazializzazioni. Il risultato non è stato fastidioso, ma nemmeno illuminante. Bene il direttore Kovatchev, alle prese con una novella formazione orchestrale romagnola, non eccelsa. Vocalmente ben preparate la Canzian/Giulietta e la Kulikova/Romeo. Gli altri adeguati. Successo di pubblico.

Recensione
classica
Ravenna Festival Ravenna
Vincenzo Bellini
22 Giugno 2001
Le novità racchiuse nel nuovo allestimento de I Capuleti e i Montecchi, con il quale il Ravenna Festival ha inaugurato il cartellone di quest'anno, erano da riscontrarsi non tanto nel dato visuale della messa in scena, quanto in quello musicale, ed acustico in particolare. Infatti, assieme alle scenografie rievocate attraverso l'uso di proiezioni digitali di opere del Carpaccio, in questa proposta dell'opera belliniana, curata da Cristina Mazzavillani Muti, sono state utilizzate anche soluzioni di riverbero e spazializzazione del suono che, per quanto limitate a brevi e circoscritti momenti, hanno comunque caratterizzato l'opera nel suo complesso. La strada intrapresa in questo senso è senz'altro fascinosa, ma al tempo stesso estremamente delicata. Effetti sonori come quelli, realizzati da Alvise Vidolin, che hanno accolto l'entrata in scena di Giulietta e, da "Eccomi in lieta vesta...", l'hanno accompagnata fino al dialogo con l'arpa - il cui suono amplificato roteava lieve dall'alto del teatro - certo ampliavano la suggestione del momento drammaturgico, anche se l'effetto migliore si riscontrava nella parte finale dell'opera, dove il riverbero rievocava l'atmosfera della tomba sullo sfondo di una scena spoglia, rivestita di sola luce. Chi scrive non è certo un purista a tutti i costi, ma soluzioni come queste possono prendere facilmente la mano, infarcendo di effetti speciali ciò che non ne ha per niente bisogno. Non sembra comunque questo il caso, anche perché il difficile equilibrio tra la resa visiva cangiante di Ezio Antonelli, le luci di Manolo e la direzione musicale di Kovatchev è stato sostanzialmente mantenuto nel corso dei due atti. In particolare la cifra del direttore, alla guida dei Giovani in Orchestra per Ravenna Festival - una novella compagine nata dalla "Toscanini" e l'Associazione "Maderna" - si rivelava nutrita di felici intuizioni e deciso piglio dinamico. Sul palcoscenico le scene digitali, dopo un'iniziale sensazione di distacco, coinvolgevano a poco a poco lo sguardo, fino a raggiungere quadri visivi veramente efficaci, affiancati ad altri forse più scontati. I cantanti (vestiti con i costumi di Alessandro Lai), in generale, hanno aderito alla tragedia lirica di Bellini con un impegno che ha dato i frutti sperati, almeno dal punto di vista vocale, mostrando capacità attoriali a tratti ancora da affinare. Bene la Giulietta di Roberta Canzian, che ha ottenuto un caloroso successo personale, affiancata da una Mairanna Kulikova, nelle vesti di un Romeo efficace e misurato. Fin troppo impetuoso, soprattutto scenicamente, il Tebaldo di Vittorio Grigolo, in linea con il personaggio Alberto Rota nei panni di Capellio, e particolarmente apprezzato dal pubblico il Lorenzo di Alex Esposito. Il coro AS.LI.CO ha fatto il proprio dovere. Alla fine tanto calore e tanti applausi.

Note: nuovo all.

Interpreti: Rota, Canzian/Iordachescu, Esposito, Kulikova, Grigolo

Regia: Cristina Mazzavillani Muti

Scene: Ezio Antonelli

Costumi: Alessandro Lai

Orchestra: Giovani in Orchestra per Ravenna Festival

Direttore: Julian Kovatchev

Coro: AS.LI.CO

Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche

classica

Napoli: Dvorak apre il San Carlo

classica

Il primo pianista francese a vincere il Čajkovskij di Mosca conquista il pubblico milanese con un interessante quanto insolito programma.

classica

A Colonia l’Orlando di Händel tratta dall’Ariosto e l’Orlando di Virginia Woolf si fondono nel singolare allestimento firmato da Rafael Villalobos con Xavier Sabata protagonista