Il Ravel senz'anima di Bollani
Sull'onda dei successi discografici Bollani e Chailly insieme alla Scala
Recensione
classica
In epoca di crisi del mercato discografico è sorprendente che due concerti alla Scala - ieri per la stagione sinfonica, il prossimo per la Filarmonica il 21 - avvengano sulla scia del successo di un cd Decca di due anni fa (Rhapsody in blue) e in concomitanza della pubblicazione di un secondo (Souds of the 30's): fatto sta che Bollani si è ritrovato con Chailly alla sala del Piermarini. Pezzo forte della prima parte della serata (dopo un Alborada del gracioso non troppo limpida) il Concerto in sol di Ravel; ma chi si aspettava dal solista sonorità acide, inconsueti estri timbrici è rimasto deluso. La lettura di Bollani è stata molto ossequiosa, tanto da risultare quasi incolore, senz'anima (vedi l'inizio del secondo tempo dove il pianoforte è allo scoperto), affidata soltanto all'agilità. Chailly inoltre si è scatenato in tempi molto veloci, esagitato l'attacco del concerto, il che non ha aiutato la trasparenza dell'orchestra causando anche qualche piccola défaillance. Tutto sommato un'edizione non memorabile, forse da attribuire a prove insufficienti. Bollani in compenso ha offerto due bis magistrali nei quali; una volta deposta la giacca e consegnata a un violinista, si è sentito a proprio agio e si sbizzarrito da par suo con l'amato Gershwin (I Got Rhytm, The Man I Love), salutato con vere ovazioni. Sarebbe bello che la Scala avesse il coraggio di invitarlo come solista jazz, senza costringerlo a cambiare identità.
Nella parte restante del concerto la Suite da Porgy and Bess di Gershwin ha dato modo all'orchestra di dar prova di leggerezza, agilità e pienezza di volume. E in chiusura La valse di Ravel, dove Chailly ha rotto gli indugi e nuovamente richiesto tempi veloci, curando maggiormente i parossisimi sonori alle sorde cupezze di questa danza di morte.
Sala pienissima come non mai e generale soddisfazione del pubblico.
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