Troppi ballerini nel Reno!

Prende l'avvio il Ring scaligero diretto da Barenboim con la regia di Cassiers

Recensione
classica
Teatro alla Scala Milano
Richard Wagner
13 Maggio 2010
Ad apertura di sipario un brusco richiamo alla realtà, lo striscione con "No al decreto Bondi" è stato salutato con lunghissimi applausi, come pure la sintetica lettura delle ragioni dei lavoratori. Dopo di che ha preso l'avvio il Ring scaligero (coprodotto con la Staatsoper di Berlino), diretto da Daniel Barenboim, con la regia di Guy Cassiers. Un Rheingold tutto sommato riuscito grazie alla direzione che ha voluto un'orchestra imprevedibilmente "leggera", mai sovrastante né roboante (scatenata solo nel finale), molto analitica. E grazie alle voci di buon livello, tra le quali spicca René Pape (Wotan). Stephan Rugamer (Loge) si è dimostrato anche bravo attore, insieme a Johannes Martin Kranzle (Alberich) e Wolfgang Ablinger-Sperrhacke (Mime): quando questi tre sono in scena lo spettacolo acquista una buona verve. Per il resto i cantanti sono trattati da Cassiers come pedine su una scacchiera, quasi mai come personaggi. La scenografia risulta l'elemento vincente dell'allestimento, con proiezioni cangianti, ora precise, ora allusive, su una parete di pseudo mattoni che le scompongono in tessere. Le onde, l'oro, una valle verde, le viscere della terra, ombre enormi per amplificare la stazza dei giganti (Fasolt è davvero piccolino), oppure dettagli delle Ondine ripresi da telecamere in diretta. Purtroppo, è qui sta la pecca dell'edizione, il palco è perennemente invaso da ballerini, nudi o non, zombi vaganti o commentatori di quanto viene cantato (una ballerina toppa l'occhio di Wotan mentre lui spiega d'essere orbo). Talvolta i corpi si aggrovigliano formando oggetti scenici (secondo antichi canoni, vedi il drago inventato da Ronconi alla Scala nel 1975): diventano trono, sgabello, catene per Alberich (poi da liberare con difficoltà), anche elmo di gruppo. Quest'ultimo con effetti poco magici perché non si notano grandi differenze fra il terrificante serpentone e il rospo. La scelta della coreografia a ogni costo, oltre a essere sintomo dell'horror vacui di molti registi, finisce per creare un'azione parallela di disturbo, un fastidioso impaccio che guasta anche le oasi orchestrali fra una scena e l'altra, c'è solo da sperare in un ripensamento nelle future giornate del Ring. Al termine della serata, dopo un isolato e singolo buu dal loggione, applausi per tutto il cast. Ancora di più per Barenboim, mentre fischi a Cassiers poi mitigati da applausi in pari grado.

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