L’Aura di Sanchez-Verdù aspira all’opera
Teatro musicale contemporaneo alla Biennale di Venezia

Recensione
classica
La Biennale Musica “Il corpo del suono” ideata da Luca Francesconi e da lui seguita con millimetrica attenzione e passione, si avvia alla conclusione. Il 3 ottobre gran finale con “Exit_02” al Teatro alle Tese all’Arsenale, con una sfilata di artisti eccentrici come Michele Lomuto, Selim Seiler, Elena Casoli, Sergio Armaroli.
Ieri al Teatro Goldoni è arrivata “Aura”, opera da camera di José-María Sanchéz-Verdú, tratta dal romanzo visionario e surreale di Carlos Fuentes. La regia di Susanne Oglaend, i video di Jan Speckenbach, in uno spettacolo di coproduzione europea (Enparts) comunque abbastanza rodato dopo l’esordio in primavera a Madrid, hanno cercato di rendere la storia di mistero, sangue e ultraterreno con dinamiche suggestive, ma ai nostri occhi educati a mirabilia di effetti speciali, anche teatrali, il risultato è apparso volenteroso. Sara Sun (soprano), Truike van der Poel (mezzosoprano) e Andreas Fischer (basso) hanno espirato, aspirato sussurrato le non-arie e il non-canto del compositore spagnolo che vive ora a Berlino. Il Neue Vocalsolisten Stuttgart Kammerensemble Neue Musik Berlin con il simpatico inedito strumento auraphon (cinque gong e tam-tam ) costruito alll’SWR Experimentalstudio hanno interpretato i pochi suoni.
Il generale defunto, la vedova ultracentenaria, la nipote sensuale, il giovane storico che si immola ad amare le due vampire, i camerieri-becchini-carcerieri, la scala di Giacobbe, veli strappati, compresse sull’occhio, sigarette virtuali, niente stava in piedi, narrativamente, e niente emozionava. Ovviamente, non pare questa la via per un’opera contemporanea. Ma grazie per averci provato ancora.
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