Nata in poche settimane tra il febbraio e il marzo del 1833, Parisina era considerata da Donizetti la propria opera più riuscita; il libretto di Romani, ispirato a un poema di Byron, suggerì al compositore un melodramma fosco e raffinato, tramato di colori scuri e di melodie delicatissime. All'ascolto si rimane colpiti dalla finezza con cui sono cesellate le psicologie dei suoi tre protagonisti: la fragile e infelice Parisina, il suo disperatamente geloso consorte, Azzo d'Este, e il classico tenore innamorato, Ugo. Scritta per un terzetto vocale di stelle (Ungher, Cosselli e Duprez), la partitura chiede molto a tutti gli interpreti, sia sotto il profilo vocale che in termini di intelligenza musicale. La rappresentazione andata in scena a Bergamo nasce dalla collaborazione del Teatro Donizetti con l'Accademia del Teatro alla Scala: dunque una compagnia di canto, un'orchestra e un coro popolati di giovani promesse, per i quali occasioni come queste sono preziose quanto rischiose. Se la scommessa era quella di mettere in piedi un allestimento credibile e professionale, meglio sgombrare subito il campo: la posta è stata vinta. Tiziano Severini ha tenuto bene insieme la giovane orchestra, cavandone talvolta dei bellissimi colori (come nella prima scena del II atto); non sempre però i cantabili avevano l'elasticità che lo stile di quest'opera richiede, e le cabalette (spesso tendenti al lento) hanno più d'una volta messo a dura prova la compattezza ritmica dell'insieme. Il giovane soprano greco Eleni Ioannidou (31 anni) ha una voce duttile ma fin troppo delicata, forse non all'altezza di una parte tanto difficile; i pochi e non terribili acuti comunicavano il senso di una gran paura, suonando quasi sempre a mezza voce; anche le agilità sembravano spesso più accennate che sfoggiate. Meglio, almeno dal punto di vista vocale, il baritono Massimo Cavalletti (25 anni), voce potente e timbrata, anche se spesso in difficoltà nel canto spianato, dove sarebbe necessaria più musicalità e proprietà stilistica. Discorso simile per il tenore georgiano George Oniani, dotato di acuti belli e precisi, ma spesso in difficoltà nelle agilità e nell'articolazione delle splendide e lunghe frasi musicali della sua parte. Buone la prove di Alisa Zinovjeva, dotata di una voce elegante anche se non particolarmente potente, e di Luciano Batinic. La regia di Gasparon, tutt'uno con le scene e i costumi (ben realizzati dagli allievi dell'Accademia quelli del coro, da Brancati quelli, fin troppo sontuosi, dei solisti), tende più al decorativo che al drammaticamente incisivo, e alterna momenti di grande effetto visivo a passaggi di stucchevole ricercatezza cromatica e plastica. Si replica il 3 ottobre, con un'altra compagnia di giovani cantanti.
Note: In collaborazione con l'Accademia d'Arti e Mestieri del Teatro alla Scala. In coproduzione con la Fondazione Teatro alla Scala
Interpreti: Eleni Ioannidou/Irina Lungu; Alisa Zinovjeva/Rim Sae Kyung; Massimo Cavalletti/Vincenzo Taormina; George Oniani/Kim Ki Hyun; Luciano Batinic/Christian Senn Vasquez
Regia: Massimo Gasparon
Scene: Massimo Gasparon
Costumi: Massimo Gasparon
Orchestra: Orchestra dell'Accademia di Canto del Teatro alla Scala
Direttore: Tiziano Severini
Coro: Coro dell'Accademia d'Arti e Mestieri del Teatro alla Scala
Maestro Coro: Marcello Iozzia