Parisina va all'Accademia

Allestimento realizzato in collaborazione con l'Accademia del Teatro alla Scala. Discreta prova della giovane orchestra, guidata da Tiziano Severini. Non sempre all'altezza della difficile partitura, la compagnia di canto. Gasparon firma una regia più decorativa che drammaticamente incisiva.

Recensione
classica
Teatro Donizetti Bergamo
Gaetano Donizetti
01 Ottobre 2004
Nata in poche settimane tra il febbraio e il marzo del 1833, Parisina era considerata da Donizetti la propria opera più riuscita; il libretto di Romani, ispirato a un poema di Byron, suggerì al compositore un melodramma fosco e raffinato, tramato di colori scuri e di melodie delicatissime. All'ascolto si rimane colpiti dalla finezza con cui sono cesellate le psicologie dei suoi tre protagonisti: la fragile e infelice Parisina, il suo disperatamente geloso consorte, Azzo d'Este, e il classico tenore innamorato, Ugo. Scritta per un terzetto vocale di stelle (Ungher, Cosselli e Duprez), la partitura chiede molto a tutti gli interpreti, sia sotto il profilo vocale che in termini di intelligenza musicale. La rappresentazione andata in scena a Bergamo nasce dalla collaborazione del Teatro Donizetti con l'Accademia del Teatro alla Scala: dunque una compagnia di canto, un'orchestra e un coro popolati di giovani promesse, per i quali occasioni come queste sono preziose quanto rischiose. Se la scommessa era quella di mettere in piedi un allestimento credibile e professionale, meglio sgombrare subito il campo: la posta è stata vinta. Tiziano Severini ha tenuto bene insieme la giovane orchestra, cavandone talvolta dei bellissimi colori (come nella prima scena del II atto); non sempre però i cantabili avevano l'elasticità che lo stile di quest'opera richiede, e le cabalette (spesso tendenti al lento) hanno più d'una volta messo a dura prova la compattezza ritmica dell'insieme. Il giovane soprano greco Eleni Ioannidou (31 anni) ha una voce duttile ma fin troppo delicata, forse non all'altezza di una parte tanto difficile; i pochi e non terribili acuti comunicavano il senso di una gran paura, suonando quasi sempre a mezza voce; anche le agilità sembravano spesso più accennate che sfoggiate. Meglio, almeno dal punto di vista vocale, il baritono Massimo Cavalletti (25 anni), voce potente e timbrata, anche se spesso in difficoltà nel canto spianato, dove sarebbe necessaria più musicalità e proprietà stilistica. Discorso simile per il tenore georgiano George Oniani, dotato di acuti belli e precisi, ma spesso in difficoltà nelle agilità e nell'articolazione delle splendide e lunghe frasi musicali della sua parte. Buone la prove di Alisa Zinovjeva, dotata di una voce elegante anche se non particolarmente potente, e di Luciano Batinic. La regia di Gasparon, tutt'uno con le scene e i costumi (ben realizzati dagli allievi dell'Accademia quelli del coro, da Brancati quelli, fin troppo sontuosi, dei solisti), tende più al decorativo che al drammaticamente incisivo, e alterna momenti di grande effetto visivo a passaggi di stucchevole ricercatezza cromatica e plastica. Si replica il 3 ottobre, con un'altra compagnia di giovani cantanti.

Note: In collaborazione con l'Accademia d'Arti e Mestieri del Teatro alla Scala. In coproduzione con la Fondazione Teatro alla Scala

Interpreti: Eleni Ioannidou/Irina Lungu; Alisa Zinovjeva/Rim Sae Kyung; Massimo Cavalletti/Vincenzo Taormina; George Oniani/Kim Ki Hyun; Luciano Batinic/Christian Senn Vasquez

Regia: Massimo Gasparon

Scene: Massimo Gasparon

Costumi: Massimo Gasparon

Orchestra: Orchestra dell'Accademia di Canto del Teatro alla Scala

Direttore: Tiziano Severini

Coro: Coro dell'Accademia d'Arti e Mestieri del Teatro alla Scala

Maestro Coro: Marcello Iozzia

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