Ultima tappa del Verdi Festival 2001, il Macbeth andato in scena ieri sera al Teatro Regio di Parma ha proposto la prima esecuzione dell'edizione critica della versione parigina del 1865, curata da David Lawton. Più dilatato, sulla scia del gusto vigente nella capitale francese, rispetto all'originale che diciotto anni prima esordì al Teatro della Pergola di Firenze, questo Macbeth mantiene comunque intatti i caratteri peculiari che ne fanno una delle opere più fascinose del compositore di Busseto. Rileviamo subito che la scelta interpretativa che ha guidato questo recupero parmigiano è andata nella direzione di una lettura musicale sostanzialmente efficace, gestita dalla direzione di Evelino Pidò - alla guida di un'Orchestra del Centenario sufficientemente equilibrata - attraverso un gusto timbrico di apprezzabile compattezza, che ha trovato i momenti più riusciti nel terzo e quarto atto, ed in modo particolare nelle oasi corali. E proprio il Coro del Festival Verdi, preparato da Martino Faggiani, ha giocato un ruolo importante nel tratteggiare il colore complessivo dell'opera, sacrificando alcune penombre espressive pur presenti nella partitura verdiana in favore di una presenza più marcata, coerente nell'ottica della sottolineatura drammatica che ha segnato questa esecuzione. Più problematico il versante della messa in scena, delineata da Dominique Pitoiset attraverso un'ambientazione che calava l'opera in un'atmosfera pesante da Seconda Guerra Mondiale, tra riferimenti cinematografici e un omaggio a Charles Chaplin. I riferimenti stessi alla guerra - passata, presente e futura - si potevano riscontrare nelle divise militari e nella severa scena (Kattrin Michel) che, con poche varianti, è rimasta immutata dall'inizio alla fine. E ancora negli oggetti sparsi, come i letti da ospedale militare, oppure una radio d'epoca dalla quale - immaginiamo sintonizzati su un'improbabile Radio Londra - apprendere la vittoria contro l'usurpatore, o un lungo filmato che proponeva materiale documentaristico, ed altro ancora. Una presenza, quella dell'idea della guerra, a tratti ridondante che, seppur ben presente nell'intreccio dell'opera verdiana, pareva porre in secondo piano il dramma oscuro ed interiore che lega Lady e Macbeth alla morte, all'assassinio, al lato oscuro e "fantastico" che segna la vicenda, qui ricondotto alla superstizione del protagonista. Tra le voci impegnate Valeri Alexeev si è calato nei panni di Macbeth restituendogli un profilo vocale venato da qualche opacità. Denia Mazzola è stata una Lady non sempre efficace pur crescendo in intensità nel corso dell'opera. Adeguato il Banco di Orlin Anastassov. Da sottolineare, comunque, la difficile condizione emotiva in cui gli artisti si sono trovati, dovuta al continuo braccio di ferro tra le decise contestazioni e i consensi che, ancora una volta, hanno diviso il pubblico di Parma, restituendo uno spettacolo nello spettacolo non sempre edificante.
Note: nuovo all.
Interpreti: Alexeev, Anastassov/Iori, Mazzola/Fabbricini, Ingatovich, Berti/Young Hoon, Anile, Signorini, Boccardo
Regia: Dominique Pitoiset
Scene: Kattrin Michel
Costumi: Elena Rivkina Piroiset
Coreografo: Monica Casadei
Orchestra: Orchestra del Centenario
Direttore: Evelino Pidò
Coro: Coro del Festival Verdi
Maestro Coro: Martino Faggiani