Negli spazi limitati del palcoscenico dell'accogliente Teatro Rossini di Lugo, Massimo Gasparon e David Agler hanno incastonato il loro "Trionfo di Clelia", opera meritoriamente riproposta sulle scene - dopo un oblio durato più di duecento anni - in occasione del Lugo Opera Festival edizione 2001. Infatti, rappresentata per la prima volta a Bologna nel 1763, per l'inaugurazione del nuovo teatro pubblico ideato da Antonio Galli Bibiena, quest'opera di Christoph Willibald Gluck su libretto di Pietro Metastasio ha conosciuto la polvere del tempo fino agli anni Sessanta del Novecento, quando Tintori ne trascrisse la partitura che solo ora viene riproposta al pubblico. La regia di Gasparon e la direzione musicale di Agler hanno percorso due binari interpretativi paralleli, accomunati da una visione univoca dell'opera, e più impegnati a rendere palese la coerente organicità della struttura nel suo complesso, che a scavarne ogni singolo momento. E ci pare una scelta condivisibile, soprattutto nell'ottica di una rappresentazione che si articolava in due parti ed un solo intervallo, a fronte dell'impianto originario che prevedeva tre tempi e due pause, con conseguente sfoltimento di libretto e partitura. Una compressione temporale che, se ha richiesto un impegno particolare a chi seguiva, ha d'altro canto rivelato quanto sia omogeneo il carattere drammaturgico di questa Clelia rediviva. Gasparon ha stagliato l'azione, rievocata attraverso una studiata e nobile gestualità, sulle scene dal marcato gusto neoclassico, i cui ambienti erano di volta in volta costruiti dal gioco di tre archi (al centro il più ampio, l'"arco di trionfo", appunto), in un'atmosfera cromatica ricondotta al bianco, nero e oro. E il gioco cromatico si ritrovava, maggiormente articolato, negli splendidi costumi ideati dallo stesso Gasparon, che tracciavano l'individualità di ogni singolo personaggio, pur nel già citato rimando all'omogeneità del tutto. Agler, dal canto suo, ha guidato un'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, sostanzialmente equilibrata - sia pur con alti e bassi, anche in considerazione del particolare organico presente in buca - con gusto brillante, segnato da scelte dinamiche a tratti fin troppo plastiche. La compagine vocale, infine, ha dovuto confrontarsi con una tessitura ancora fortemente marcata dalle campate virtuosistiche tracciate sulla scorta delle esigenze divistiche dell'opera settecentesca. Un dato al quale lo stesso Gluck aveva cominciato, proprio all'epoca di Clelia, a metter mano con intenti rivoluzionari, ma che in queste pagine non emerge ancora. Ecco quindi la resa un po' affannosa del Tarquinio di Carlos Guilherme, comunque cresciuto in incisività nel corso dell'opera, e le difficoltà emerse dall'impegno di Davide Cicchetti nei panni di Porsenna. A confronto meglio, tra le voci maschili, l'Orazio di Gian Luca Terranova e il Mannio di Roberto Accurso. I personaggi femminili, anch'essi impegnativi, sono stati ben risolti da Stefania Donzelli, una Clelia incisiva, e dalla voce intensa di Patrizia Bicciré nel ruolo di Larissa. Calorosi gli applausi alla fine, appena venati da qualche dissenso indirizzato alla compagine vocale maschile e alla direzione musicale di Agler.
Note:
Interpreti: Cicchetti, Donzelli, Terranova, Bicciré, Rebelo Nunes, Accurso
Regia: Massimo Gasparon
Scene: Massimo Gasparon
Costumi: Massimo Gasparon
Orchestra: Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Direttore: David Agler