A Verbier tra tuoni e fulmini

Prime giornate straussiane del Festival

Recensione
classica
Il ventiquattresimo Festival di Verbier si è aperto il 21 giugno con Salome di Richard Strauss in forma di concerto e uno scroscio d'acqua che ha fatto rimbombare la Salle des Combins. La pioggia aveva cominciato ad accompagnare come un gentile basso continuo La danza dei sette veli, ma dalle prime note del violoncello solo che annunciavano la decapitazione di Jochanaan si è scatenata forse non a caso l'ira del cielo, implacabile fino alla fine; pertanto chi non era seduto nelle prime file (chi scrive stava alla fila 17) ha visto Charles Dutoit sul podio trasformarsi in un manichino invano sbracciante, gli strumentisti muti, la straordinaria Gun-Brit Barkmin (Salome) che apriva e chiudeva inutilmente la bocca per cantare il suo amore perverso. Il presidente del festival Martin T:son Engstroem, in apertura di serata, aveva garantito che l'anno venturo il problema delle intemperie montane sarà risolto, ma è una promessa di lunga data al festival.

Detto ciò, l'edizione dell'opera di Strauss si è valsa dell'orchestra che ogni anno si raccoglie a Verbier e che ha dimostrato grande vitalità e precisione, specie nei fiati. Insomma un'ottima prova di questo prezioso vivaio di strumentisti, che per la prima volta affrontava la partitura di Strauss. Mentre tutto il cast ne aveva già una approfondita esperienza (da ricordare l'edizione in forma di concerto diretta da Andris Nelsons per la Boston SO nel 2014). In primo luogo la protagonista, Gun-Brit Barkmin, dotata di una carica belluina che le fa affrontare la parte con assoluta disinvoltura, ma è anche capace di improvvise tenerezze infantili; accanto a lei il bravo Egils Silins (Jochanaan), dalla voce calda, limpida (un Wotan ideale) e l'esperta coppia Jane Henschel e Gerhard Siegel (Herodias ed Herodes). Grandi applausi a fine serata con l'apparizione di un gigantesco telone che ringraziava Dutoit del prezioso lavoro di questi anni, perché questo è suo ultimo come direttore musicale del festival. Nulla ancora di ufficiale sul suo sucessore, anche se le voci di corridoio bisbigliano il nome di Valery Gergiev.

Siccome il clima a Verbier è mutevole, per fortuna al mattino del 22 splendeva il sole e, come per un ideale trait-d'union il duo Renaud Capuçon e Denis Kozhukhin nella chiesa a pianta rotonda hanno eseguito la Sonata per violino e pianoforte di Richard Strauss, composizione giovanile, di raro ascolto. Una meraviglia, col pianoforte che in certi momenti funge da grande orchestra, come se il compositore volesse dimostrare di cosa sarebbe stato già capace con un grande organico a disposizione. Prima il duo si è impegnato nel Rondo di Schubert e nella Sonata n. 7 di Beethoven. Mentre al termine ha regalato come bis il toccante Liebeslied di Kreisler. Calorosissima l'accoglienza del pubblico che a Verbier trasmette un entusiasmo e una partecipazione davvero fuori dal comune

Alla sera del 22 grande concerto della Verbier Chamber Orchestra, che raccoglie i seniores della manifestazione, sul podio Gábor Takács-Nagy. Anche in questo caso la pioggia sul tetto della Salle des Combins con in aggiunta i tuoni ha disturbato l'ascolto, non però l'allegria nell'eseguire in apertura il Congratulations-Menuett di Beethoven per festeggiare il compleanno del presidente del festival Martin T:son Engstroem, di seguito la Sinfonia concertante di Haydn, con i solisti (le prime parti dell'organico) a sfidare i rumorosi piovaschi e il direttore imperterrito e sorridente a condurre a termine un'esecuzione di grande limpidezza. Poi, dopo gli annunci che pregavano il pubblico di pazientare dieci minuti, poi altri dieci, è stato gioco forza aspettare che passasse la buriana. Sembrava che potesse succedere, ma non è stato così. Il primo tempo della Prima di Schumann è passato quasi indenne, non gli altri tre, ma anche in questo caso Takács-Nagy e la Verbier Chamber Orchestra hanno vinto la sfida perché ne hanno dato una vigorosa interpretazione. L'unico appunto è che l'organico meriterebbe qualche fila di archi in più, data l'acustica della sala. In chiusura il pezzo forte della serata, il Primo concerto per pianoforte di Brahms, solista András Schiff. A quel punto, spiace dirlo, l'ascolto è stato un po' una sofferenza sia a causa degli scrosci continui, sia perché la lettura straniante e trattenuta del grande pianista ungherese non si amalgamava con l'orchestra disposta agli abbandoni appassionati di Brahms.

Domenica 23 mattina la chiesa di Verbier Village ha ospitato il trio d'archi di Boris Kuschnir, Lars Anders Tomter, Miklós Perényi, strumen­tisti meravigliosi, forse spuntati da un'Europa che non c'è più, che tras­mettono agli ascoltatori la loro gioia di suonare. Più di due ore incante­voli, nella prima parte il Rondo in si bemolle maggiore di Schubert, seguito dalla Serenata op. 8 di Beethoven, composizione giovanile scandita in sei tempi, con continui cambi di passo e allegre strizzate d'occhio al Settecento, che ha permesso ai tre di scambiarsi ammiccamenti di divertita complicità. Nella seconda il Trio in la minore di Max Reger, per il quale l'impegno esecutivo è stato impeccabile e ha profondamente coinvolto il pubblico. Il secondo movimento lascia davvero senza fiato, con cupe sonorità che anticipano Metamorphosen di Strauss, tanto per non distaccarci troppo dall'inaugurazione del festival.

A seguite, il 27 luglio, è previsto un altro capolavoro di Strauss, Elektra diretta da Esa-Pekka Salonen, sempre in forma di concerto, e il 29 sotto la guida di Stanislav Kochanovskij Evgenij Onegin di Čajkovskij. Per il ricco cartellone dei concerti è da consultare il sito Verbier

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