Il suono molteplice dell'OPV

La chiusura della stagione dell'Orchestra di Padova e del Veneto

Recensione
classica

Si dice che il secondo è sempre il più difficile e allo stesso tempo quello decisivo in vista di un terzo. Così, a conclusione della stagione concertistica dell’Orchestra di Padova e del Veneto, Il suono molteplice, la prospettiva di un terzo anno in musica, capace di proseguire su questa direzione, si è definitivamente chiarificata al compiersi dell’ultimo concerto, un programma che attinge con rinnovato slancio dal grande repertorio storico e novecentesco, carico di originalità.

Non si spiegherebbe altrimenti la scelta di Didone, Cantata per soprano di Benedetto Marcello proposta nell’elaborazione orchestrale di Ottorino Respighi. Un lavoro attento a preservare la feconda vocalità del barocco veneziano, per poter farla rivivere in un contesto che si arricchisce di sonorità differenti, capace di penetrarne il testo, oltre al canto. Nell’affrontare l’ardita linea melodica, ben presto esposta a note trattenute agli estremi del registro vocale, Chiara Isotton si rivela interprete ideale per la rara capacità di racchiudere all’interno di un timbro suadente, una precisione millimetrica nell’ambito dell’intonazione, presenza e potenza d’emissione a dir poco fuori dal comune.

Congedati i contrabbassi, arriva il momento dell’opera più attesa, il Terzo concerto di Goffredo Petrassi. Suddiviso in cinque parti, guai a chiamarli movimenti vista l’intenzione del compositore di sfuggire alle grinfie della forma sinfonica, l’opera fluisce senza soluzione di continuità. Dall’energico incedere, il neoclassicismo stravinskijano traspare attraverso l’invito al movimento tipico della danza, forma musicale tanto cara a Petrassi. Bisognerà attendere il contemplativo Più calmo, vera e propria chiave di lettura dell’intero lavoro musicale in termini di equilibrio e proporzioni, per comprendere meglio la personalità di questo compositore, tra i più grandi che il Novecento italiano ci abbia consegnato, la cui opera necessiterebbe una più accurata ricollocazione nelle programmazioni musicali.

Sono tutti segni che Marco Angius cattura al volo, consegnando un’interpretazione carica di haydniana luminosità, inghiottita solo dai momenti di più ampio lirismo e caratterizzati di densa concentrazione sonora, in una visione complessiva che si distacca nettamente dagli ascolti ai quali il pubblico è stato finora abituato, consegnando una versione della Récréation Concertante più viva, autentica e calorosamente più vicina al pensiero di Petrassi.

Della Sinfonia Concertante K. 297b di Mozart sorprende la lucente trasparenza delle linee melodiche, in continuo dialogo con l’orchestra sulla linea dell’intesa tracciata dal Concerto di Petrassi, che degli elementi portanti dell’intera architettura, caratteristiche imprenscindibili grazie alle quali Marco Angius firma le pagine dell’opera di Mozart. Così è stato almeno per l’interpretazione della Sinfonia Praga, eseguita già in occasione del secondo appuntamento di Lezioni di suono, nelle quali il compositore Ivan Fedele rivela l’esistenza di alcune connessioni sotterranee tra la propria opera e quella del genio salisburghese. Nel frattempo la prima edizione delle Lezioni, che vedono protagonista Salvatore Sciarrino, vengono trasmesse proprio in questi giorni da Rai5, mentre un suo nuovo lavoro musicale sta per essere presentato in prima esecuzione assoluta in coppia alle Canzoni del XX secolo, in un doppio appuntamento tra Padova e Rovigo che vedono la presenza di Cristina Zavalloni.

Alle porte della presentazione della nuova stagione musicale, manca però un luogo che consenta di accogliere l’orchestra veneta per le prove dei concerti, l’elaborazione di nuovi progetti come la registrazione di nuovi dischi, in linea con l’intensa attività che ha caratterizzato l’Orchestra di Padova e del Veneto negli ultimi due anni.

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