Suoni di oggi dalla Finlandia

Il festival Time of Music

Recensione
classica
Il festival Time of Music di Viitasaari (in Finlandia), giunto alla sua trentatreesima edizione, ha preso il via due sere fa con le 33 Variazioni su 33 variazioni di Hans Zender: un modo colto e brillante di aprire questa settimana di musica d´oggi, conferenze, workshop e concerti, che si concluderà domenica sera con tanta musica, nuova e non. Nello stile di Johan Tallgren, che da un paio d´anni ha preso le redini del festival, dopo l´esperienza di Musica nova Helsinki.

Il festival di Viitasaari, fondato nell´82 dal visionario Jukka Tiensuu e dal fisarmonicista Timo Kinnunen, è diventato un punto di riferimento in Finlandia e non solo. In questa bellissima e sperduta regione dei laghi, arrivano ogni anno interpreti e studenti da tutto il mondo, quest'anno persino dalla Nuova Zelanda, in passato non pochi dal Giappone. Chi per il corso di composizione con Brian Ferneyhough, chi per il corso di improvvisazione con George E. Lewis, senza contare chi vuole approfittare della decennale esperienza dell´Ensemble Modern, che segue i giovani strumentisti interessati alla musica contemporanea. In tutto più di 50 giovani provenienti da tutto il mondo, un record per il festival. Che ha ormai il suo pubblico, non solo di addetti ai lavori ma anche di semplici appassionati, che hanno magari una casa di campagna nelle vicinanze o che scelgono una vacanza tra natura e musica - come la coppia di turisti svizzeri che non manca mai da una decina d´anni e che si incontra in bicicletta da un concerto all´altro.

Per tornare a Zender, l´Ensemble Modern ha potuto fare sfoggio di tutti i colori della sua tavolozza, in un brano che riprende le beethoveniane Variazioni su un valzer di Diabelli: talvolta "macchiate" con dissonanze e timbri inaspettati, aggiunti al tessuto originale interpretato da un classico quintetto d´archi affiancato però da... una fisarmonica. Talvolta con un gioco di alternanze e confronti con materiale più autonomo, arricchito da un vasto arsenale di percussioni, con tanto di grandi placche di bambù e set di metalli quadrangolari di probabile origine orientale (che sarà stato non poco costoso far arrivare fin quassù). Nell´insieme si nota la perizia del direttore d´orchestra nel dosare timbri e colori. Verso l fine un bellissimo solo di tromba e un deus ex machina che funziona sempre: un pianoforte fuori scena, che in questo caso ci ha riportati a Beethoven e alla purezza astratta della sua più che moderna scrittura per pianoforte.

Ieri ha aperto la giornata il compositore afroamericano George E. Lewis, che, dopo aver praticato l´improvvisazione contemporanea per decenni col suo trombone, è tornato da diversi anni dietro la scena per dedicarsi alla scrittura. In un interessante incontro col pubblico, ha spiegato che non trova tra i due aspetti nessuna contraddizione: «come mai c´è questo pregiudizio nei confronti dell´improvvisazione? Se un artista si serve di diverse tecniche, dalla pittura, al video, all´installazione, nessuno si stupisce. Non è l stessa cosa nella musica?» Lewis scoprì da giovane come combinare improvvisazione e musica elettronica, all´epoca dei primi computer: fece parte del collettivo americano "The League of Automatic Music Composers". Nei primi anni ´80 approdò all´Ircam, e, dopo un periodo all´Università di San Diego, insegna ora alla Columbia University. Collabora spesso con l´ensemble ICE, con cui ha realizzato Memex, un pezzo ispirato al sistema di informazione dell´intelligence USA degli anni ´40, che combinava diversi media, testi, video etc. Nel suo lavoro riflette sulla ricorrenza e ri-associazione di elementi, che riappaiono in contesti diversi.

La giornata è proseguita con il giovane ensemble Nikel: fondato da musicisti di Haifa, il gruppo (sax, chitarra elettrica, percussione, pianoforte) include ora elementi americani e tedeschi. Accanto alla celebre compositrice israeliana Chaya Czernowin, gli italiani Marco Momi e Pierluigi Billone, con due brani di ampio respiro. Più controllato e convincente quello di Billone, uno studio su glissandi e distorsioni alla chitarra elettrica. Un concerto nell´insieme vivace e interessante, una bella cosa che il festival dia spazio a giovanissimi interpreti, non solo ai ferratissimi ensembles Modern o Recherche, invitati alla scorsa edizione.

In serata il Quatuor Diotima, di ritorno a Viitasaari dopo otto anni, ha riempito la bellissima chiesa di legno, vicino al lago, di suoni raffinati e slanci pieni di energia. Engrams, il brano che Miroslav Srnka ha scritto per loro qualche anno fa, gira e rigira un elemento quotidiano come la scala diatonica, in tutti i sensi possibili e immaginabili; con una bella concentrazione sullo stesso elemento, rivisitato ogni volta con un´attenzione e uno stupore diversi, in modo personale. Il nuovo brano della giovane catalana Comes ci ha immersi in un mondo sonoro di venti e respiri, realizzati con il live electronics. Dai suoni e gesti strumentali dal vivo sono emersi suoni inarmonici e rumori vicini ai suoni della natura - il che ben si addiceva al luogo, in una sera di tardo sole estivo, che filtrava dalle finestre in uno dei giorni più lunghi dell´anno. Ha concluso il concerto il Secondo Quartetto di Ferneyhough, che i Diotima hanno suonato con virtuosità e energia (nonostante l´incidente del primo violino, a cui si è rotta una corda a pochi minuti dall´inizio).

Si aggirano per Viitasaari un paio di "dinosauri” della musica d´oggi: Ferneyhough, che era stato qui nel ´93, e Sir Harrison Birtwistle, che ha appena compiuto 80 anni. In questi giorni li ascolteremo accanto ai giovani, finlandesi e non. Ascolteremo anche le loro parole, quello che hanno da trasmetterci della loro esperienza, in un mondo che è cambiato non poco e rapidamente negli ultimi decenni.

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