Ughi non è Salieri

E Allevi non è Mozart

Recensione
classica
Scrivo con un po' di ritardo rispetto al fatto, perché ho tentato di ragionare, di far sbollire un po' di rabbia rispetto al tema, ma poi non mi pare giusto tacere. Il fatto. Domenica 4 novembre il TG2 della sera annuncia e svolge una notizia relativa (nigroque simillima cycno) alla musica classica e addirittura alle arti in generale: le grandi endiadi della storia, da Allevi-Ughi, a Mozart-Salieri, a Verdi-Wagner, ma poi anche Tintoretto-Veronese , Ungaretti-Montale e forse altro ancora. Il tema. Da giornalista e figlio di giornalisti non ne posso più della coltivazione di un mestiere condotto nella sistematica riduzione della realtà al proprio livello di incompetenza. Capisco (quasi) tutto: che la presentazione bianco/nero risulti più d'impatto per il pubblico (come sosteneva un pur illuminato direttore de "La Stampa", Paolo Mieli), anche se la realtà, e in particolare la realtà artistica, è specificamente fatta di ciò che sta in mezzo al bianco e al nero; posso immaginare che una "marchetta" pubblicitaria in occasione di un'uscita (disco, libro, pezzo) non si neghi a nessuno, anche se non dev'essere un pretesto per mistificare la stessa realtà. La parte più corposa del "servizio" (nel senso di cui sopra) indugiava naturalmente su immagini di Amadeus, con l'ovvia posizione Allevi=Mozart e Ughi=Salieri="Casta". Come tutti sanno quel bellissimo film non è né una biografia di Mozart né uno studio sull'invidia di Salieri, e non ha veri e propri fondamenti storici, ma è un saggio sulla mediocrità, faccia interiore dell'incompetenza. Detto che effettivamente Allevi ha tratti di vicinanza non con Mozart, ma con l'attore che l'interpreta, almeno nella risata che il regista gli imponeva nervosa e un po' ebete, e detto che Uto Ughi non ha necessità di difesa da parte di alcuno, e certamente non dalle mie povere forze, vorrei ricordare apertamente un paio di verità:
1. Solo chi proprio non conosce Ughi (non dico personalmente) non sa della sua generosità, in particolare nei confronti dei giovani; non sa quante volte abbia preso posizione a proprio rischio esclusivo verso chi detiene forme di potere; e che per la sua musica "casta" è un aggettivo, non un sostantivo. 2. Pare che Allevi (non ce l'ho con lui, ma con ciò che vien rappresentato tramite suo) sostenga l'inutilità dello studio e del lavoro rispetto allo scorrere sorgivo dell'"ispirazione". Non dico come "compositore" (perché mi manca il grado minimo per elaborare un giudizio) ma come pianista: mi pare un vero e proprio insulto verso chi si consuma nel trasformare un estenuante exercitium in una forma intellettuale, verso quei tanti ragazzi che, appena affacciatisi al triennio di studi pianistici - detto con franchezza - gli bagnano già allegramente il naso.

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