Festa tedesca
A Berlino è in corso il Musikfest
Recensione
classica
Ha un’anima profondamente tedesca il “Musikfest Berlin” attualmente in corso: sono tedesche molte delle orchestre e degli interpreti, è tedesco Wolfgang Rihm, il compositore a cui è dedicato un ampio medaglione, sono essenzialmente tedesche anche le produzioni che sembrano guardare oltre i confini nazionali, come il “Prometeo” di Luigi Nono, affidato all’Orchestra del Konzerthaus di Berlino e all’Experimentalstudio della SWR. E così può capitare di ascoltare una dopo l’altra due tra le più prestigiose compagini orchestrali al mondo, ovviamente entrambe tedesche: i Berliner Philharmoniker e la Staatskapelle Dresden.
Entrambe propongono programmi ricercatissimi, che raccolgono nel repertorio novecentesco e contemporaneo (tedesco, non c’è bisogno di aggiungerlo) pagine anche inusuali: dalla “Dorische Musik” di Heinrich Kaminski (Berliner) al "Concerto per pianoforte e orchestra op. 31" di Hans Pfitzner (Dresden).
Dei Berliner, diretti da Andris Nelsons, ciò che impressiona di più è l’esecuzione di “Marsyas”, rapsodia per tromba e percussioni di Rihm. Davvero la qualità dell’esecuzione è un fatto determinante per la percezione della musica d’oggi: spesso ciò che il pubblico rifiuta, a volte senza rendersene conto, non è l’opera, ma l’esecuzione approssimativa. Non è questo il caso: applausi entusiastici, anche per il meccanismo automatizzato che, terminata l’esecuzione, in pochi secondi e quasi senza rumore, fa sprofondare gli strumenti a percussione sotto il palco, lasciandolo libero per la mirabolante Suite dal “Rosenkavalier” di Strauss.
Dell’Orchestra di Dresda impressiona soprattutto il rapporto con Christian Thielemann (nella foto di Kai Bienert), che dall’anno prossimo sarà il loro direttore stabile. In uno stato di esaltazione creativa reciproca, in apertura di concerto, il “Nocturne Symphonique” di Ferruccio Busoni (il più “tedesco” dei compositori italiani) viene ripetuto due volte: “per un pezzo come questo una volta sola non basta”, è la giustificazione di Thielemann, quindi “noch einmal”. A seguire il "Concerto per pianoforte" di Pfitzner, con Tsimon Barto solista, e la "Prima sinfonia" di Brahms: un compositore tedesco, “noch einmal”.
Dei Berliner, diretti da Andris Nelsons, ciò che impressiona di più è l’esecuzione di “Marsyas”, rapsodia per tromba e percussioni di Rihm. Davvero la qualità dell’esecuzione è un fatto determinante per la percezione della musica d’oggi: spesso ciò che il pubblico rifiuta, a volte senza rendersene conto, non è l’opera, ma l’esecuzione approssimativa. Non è questo il caso: applausi entusiastici, anche per il meccanismo automatizzato che, terminata l’esecuzione, in pochi secondi e quasi senza rumore, fa sprofondare gli strumenti a percussione sotto il palco, lasciandolo libero per la mirabolante Suite dal “Rosenkavalier” di Strauss.
Dell’Orchestra di Dresda impressiona soprattutto il rapporto con Christian Thielemann (nella foto di Kai Bienert), che dall’anno prossimo sarà il loro direttore stabile. In uno stato di esaltazione creativa reciproca, in apertura di concerto, il “Nocturne Symphonique” di Ferruccio Busoni (il più “tedesco” dei compositori italiani) viene ripetuto due volte: “per un pezzo come questo una volta sola non basta”, è la giustificazione di Thielemann, quindi “noch einmal”. A seguire il "Concerto per pianoforte" di Pfitzner, con Tsimon Barto solista, e la "Prima sinfonia" di Brahms: un compositore tedesco, “noch einmal”.
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