La luna di Méliès che accoglie il pubblico in sala e l'iconica scacchiera di Bergman su cui si chiude il sipario sono le coordinate di un teatro che sublima il cinema, in un gioco di rimandi quale monumento ad una storia di copolavori. Quello che Ciprì mette in scena a Bolzano è una collezione di fotogrammi, un divertissement di citazioni che, tra frasi passate alla storia, personaggi divenuti icone e trame che si sono perse nella notte dei tempi, riesce a cucire una nuova storia moderna e attuale fatta di sogni e miserie, paure e passioni. E se Ciprì in teatro usa il cinema con amorevole sensibilità (sebbene i due alieni parlino siculo, siamo lontani da Cinico Tv), così agisce anche Bollani con la musica. In un canovaccio costruito a quattro mani con gli autori, il pianoforte è l'undicesimo personaggio che si siede al tavolo dei dieci piccoli indiani e, senza soluzione di continuità, ora li caratterizza ora li ispira, ennesima conferma della bravura e dell'intelligenza di Stefano Bollani. La tastiera tace brevemente solo quando la drammaturgia arriva al punto più alto – metaforico e spaziale – e allora la musica, anch'essa ricca di una storia di capolavori, deve mostrare la sua potenza e gioca il jolly: il personaggio cieco ritrova la vista, l'occhio di tutti noi si apre alla conoscenza e il “disvelo” è chiosato dallo “sgelo”, quello del primo sole di aprile che tanto appassionava Mimì (Callas 1956).
Il punto focale di Wonderland è l'iper-comunicazione di oggi – eccesso di parole, accumulo di rimandi, straripazione di significati - che va di pari passo con una reale incomunicabilità. La formula è sotto i nostri occhi nell'era di internet e dei social media: troppa comunicazione=nessuna comunicazione, ossia troppi parlano e nessuno più ascolta. Ecco che i personaggi non si capiscono fra loro, i dialoghi diventano monologhi, il caos verbale regna sovrano (cast centratissimo). Ma quando esci dal teatro, non ti trovi appensantito dalla riproposizione di un esaurimento collettivo, bensì ti rimane l'immagine poetica alla Charlie Chaplin di una Alice in silenzio che ti volta le spalle, il naso incollato all'insegna di un cinema chiuso (per sempre) e una pioggia di ritagli di pellicole cala sul palcoscenico, mentre lontano suona un pianoforte.
Note: Regia: Daniele Ciprì
Scene: Fabrizio Lupo
Costumi:Grazia Colombini
Prima assoluta; musiche originali eseguite dal vivo da Stefano Bollani
Interpreti: Pianista: Stefano Bollani, Alieno 35mm: Gino Carista, Alieno 70mm: Giacomo Civiletti, Portiere: Stanley Igbokwe, Soprano: Francesca Inaudi, Cieco: Lorenzo Lavia, Chef: Nicola Nocella, Sciuscià: Sara Putignano, Folle: Francesco Scimemi, Tristezza: Mauro Spitaleri.
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