Vengerov e Osetinskaya a Fermo
Tanto pubblico al Teatro dell’Aquila per il violinista russo

Tra gli appuntamenti più attesi della stagione 2025 del Circolo di Ave, il concerto di Maxim Vengerov e Polina Osetinskaya ha attirato al Teatro dell’Aquila di Fermo un foltissimo pubblico, anche perché si trattava dell’unica data italiana, con Torino, dell’agenda 2025 del grande violinista russo, considerato da molti uno dei più grandi di tutti i tempi.
Nato a Novosibirsk, in Siberia, Vengerov ha avuto una carriera da bambino prodigio iniziata a cinque anni che lo ha visto vincitore, giovanissimo, dei concorsi internazionali Wieniawski e Carl Flesch e protagonista di leggendari concerti nelle maggiori sale da concerto e teatri del mondo. Attivo anche nell’insegnamento e come direttore d’orchestra, Vengerov è stato insignito da una costellazione di premi, onorificenze e riconoscimenti tra cui un World Economic Forum Crystal, assegnato agli artisti che hanno contribuito a migliorare lo stato del mondo.

Al suo fianco la pianista moscovita Polina Osetinskaya, anche lei bambina prodigio allieva della grande scuola pianistica russa, attiva come solista e in formazione da camera nelle sale più prestigiose dove esegue spesso anche musica contemporanea.
Il programma prevedeva due delle rare composizioni di Prokofiev per violino e pianoforte, composte a distanza di venti anni ed entrambe nate da trascrizioni di composizioni inizialmente concepite per altri organici: le Cinque Melodie op. 35 bis del 1925, originariamente per voce e pianoforte e trascritte su invito del violinista Pawel Kochanski e la Sonata n. 2 op. 94bis del 1944, composta per flauto e trascritta su suggerimento di David Ojstrach che mise mano personalmente alla stesura.
I brani sono stati eseguiti senza soluzione di continuità, in un ideale percorso stilistico caratterizzato dal lirismo elegiaco dei temi, dalla grande mobilità ritmica e tonale e dalla ricerca timbrica, tratti comuni a queste composizioni pur cronologicamente lontane.
Le punte più alte di emozione si sono toccate nel secondo tempo del concerto, dove Vengerov si è rivelato ancora di più in tutta l’altezza del suo violinismo, sorretto dalla partner Osetinskaya, pianista di grande temperamento e di formidabile tecnica: un duo affiatatissimo nella condivisione di intenzioni musicali, nella comune verve interpretativa, nell’ensemble perfettamente calibrato delle dinamiche, nel passaggio dei temi da uno strumento all’altro, negli accenti espressivi.

La Sonata op. 137 n. 3 di Schubert , un gioiello di musicalità, appena venato da note malinconiche condite da giocosa leggerezza a tratti mozartiana, e la Sonata n. 3 op. 108 di Brahms, di impianto classico, densa nella scrittura, a tratti contrappuntistica, hanno messo in luce pienamente il suono corposo, le finezze di fraseggio, l’intenso ed espressivo lirismo di Vengerov, capaci di dare una dimensione discorsiva alla musica e di trasformare lo strumento, uno Stradivari ex-Kreutzer del 1727, in un essere vivo e comunicante.
I bis, introdotti dal saluto in italiano del violinista e dalle acclamazioni del pubblico, valevano tutto il concerto: Schön Rosmarin, Liebesleid e Liebesfreud (Alt-Wiener Tanzweisen) di Fritz Kreisler e Variazione 18 di Rachmaninov-Paganini hanno chiuso il concerto con una nota di elegante e raffinata leggerezza.
Se hai letto questa recensione, ti potrebbero interessare anche
Roma: ripristinata anche la macchina scenica usata per questa liturgia nel diciassettesimo secolo
Parigi: grande successo per il debutto di Marina Rebeka nel ruolo di Elisabetta