"La verità in cimento" torna in scena dove mancava dal 1720. È il merito del giovane gruppo francese Matheus diretto da Jean-Christophe Spinosi. Nel cast spiccano i due controtenori Philippe Jaroussky e Robert Expert. Una lunga tournée farà pure tappa alla Fondazione Cini di Venezia.
Recensione
classica
Teatro di Tours Tours
Antonio Vivaldi
03 Marzo 2002
È rimasta sepolta in biblioteca per circa tre secoli. "La verità in cimento" è stata finalmente ripescata e riportata alla luce. L'opera vivaldiana rappresentata per la prima volta al Sant'Angelo di Venezia nel 1720 è tornata finalmente sulle scene, per la prima volta in una produzione moderna, grazie ad un concorso di circostanze. C'è innanzi tutto lo zampino della casa discografica francese Opus 111 che si è messa in testa di incidere "tutto Vivaldi": progetto ambiziosissimo, che ha il merito di aprire gli scrigni di uno dei compositori su cui pesano ancora oggi troppi malintesi musicologici. Il resto l'ha fatto il nuovo gruppo di musica barocca, l'Ensemble Matheus che il giovane Jean-Christhope Spinosi ha fondato nel '91. Sulle scene sono saliti per questa produzioni cantanti ancora non mediatizzati, ma tutti bravissimi: per le ovvie leggi del mercato, dovranno lasciare le loro parti a colleghi più famosi per l'incisione discografica che è ancora in cerca di un cast. Musicisti e cantanti sono stati affiancati per l'occasione dal regista Christian Gagneron che è tutt'altro che sconosciuto in Italia grazie al recente "Anacréon" di Cherubini, uno delle ultime creature della Fenice dell'epoca Mario Messinis. E proprio Gagneron fa sentire la sua genialità in quest'opera. In fondo "La verità in cimento" al di là di un libretto complicatissimo di matrice corneliana è una storia di famiglia, di una famiglia reale, della jet-society si direbbe. E allora immagina sullo sfondo del palcoscenico un enorme proiettore in cui sfilano foto d'album e ritagli di giornale: una specie di archivio privato accumulatosi negli anni. Con vestiti firmatissimi (Chanel impera), i sei personaggi vivaldiani sono recuperati dal pubblico i cui pensieri corrono alle famiglie regnanti di questi tempi: i Grimaldi, la casa reale inglese o, perché no, i protagonisti di una serie televisiva americana... Spinosi ha compiuto un lavoro finissimo, stilisticamente perfetto e il suo bravissimo ensemble asseconda efficacemente la forza della partitura vivaldiana (dove spicca un quintetto, imprevedibilissimo per i primi del Settecento), particolarmente propensa al virtuosismo. Peccato che l'orchestra sia ridotta agli archi: la soppressione dei fiati ha inevitabilmente imposto quella di alcune arie. I due controtenori Philippe Jaroussky e Robert Expert dominano la scena: esibiscono sciurezza tecnica e varietà espressiva. Non in perfetta forma, Sylvia Marini canta lo stesso e seduce soprattutto grazie ad una recitazione fenomenale. Uno spettacolo da non perdere che apre la strada ad una auspicata "Vivaldi renaissance".
Interpreti: Hervé Lamy (Mamoud), Marie Kobayaschi (Rustena), Sylvia Marini-Vadimova (Damira), Noriko Urata (Roxane), Philippe Jaroussky (Selim), Robert Expert (Melindo)
Regia: Christian Gagneron
Scene: Thierry Leproust
Costumi: Claude Masson
Orchestra: Ensemble Matheus
Direttore: Jean-Christophe Spinosi
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