Un "Vascello" portato dalla routine
Recensione
classica
"Der fliegende Holländer", più noto in terra italica come "Il vascello fantasma", è approdato a Bastille. Il termine di confronto, inevitabile per i parigini, è stato con la produzione del 1993, quella che vedeva Myung-Whun Chung sul podio e Werner Herzog in cabina di regia. Purtroppo, il paragone non ha retto. Lo spettacolo che va in scena in questi giorni è apparso privo di idee, sfilacciato e con tante ombre. La regia è firmata da Willy Decker. Che fa spesso troneggiare, al centro della scena e per tutta la durata dello spettacolo, un oggetto mastodontico intorno al quale ruotano personaggi e azione. Questa volta è stato il turno di una gigantesca porta, bianca come i fondali. Probabilmente è stata scelta come simbolo del confine, continuamente fluttuante, tra dimensione reale e quella fantastica. Varcano questa porta i marinai dopo la tempesta e il misterioso olandese. Purtroppo, rapidamente, ci si rende conto che scenicamente l'espediente di Decker è un po' povero: ridotta a pochi oggetti allusivi (come il quadro con il mare in subbuglio dell'atto II), la messinscena non sostiene il dramma ed è dunque inefficace. Tra produzioni registiche ridotte all'osso e versioni in forma da concerto che si arricchiscono di dettagli e che si animano (ne ha fornito un esempio un magistrale "Oberon" allo Châtelet diretto recentemente da John Eliott Gardiner) il confine a Parigi si fa sempre più sottile... L'attenzione dunque si sposta fatalmente sull'orchestra e il cast. Purtroppo dalla fossa emergono solo delusioni: la bacchetta dello svizzero Daniel Klajner è spenta facendo perfino rimpiangere lo chef stabile James Conlon (che pur non eccede in originalità...), e l'orchestra scivola nella routine. Manca tutta la cura del dettaglio che dovrebbe mettere in valore l'ampio ventaglio di stili di quest'opera che ondeggia tra i modelli dell'opera francese (il "grand opéra", ma pure l' "opéra comique") e la ricerca di uno stile personale, ovvero wagneriano doc. Per fortuna, i cantanti salvano il salvabile. L'autentica star della serata è il magnifico basso Franz-Josef Selig nei panni di Daland. Vanno pure segnalati il tenore Kim Begley e il baritono Albert Dohmen. Invece, non è all'altezza del ruolo Susan Anthony che tradisce limiti stilistici e tecnici. Comunque, grazie al "mestiere" (e alla complicità della musica di Wagner), anche questo spettacolo arriva in porto. Ma l'Opéra Bastille sa fare molto meglio.
Interpreti: Dohmen SeligAnthony Begley Bornemann Zachariassen
Regia: Willy Decker
Scene: Wolfgang Gussmann
Costumi: Wolfgang Gussmann
Orchestra: Orchestra dell'Opera Bastille
Direttore: Daniel Klajner
Coro: Coro dell'Opera Bastille
Maestro Coro: Jean Laforge
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