Un ballo in maschera senza il morto

Maskarade di Nielsen, tradotta in inglese del regista David Pountney, fa il suo debutto al Covent Garden in una vivace e colorata co-produzione con il festival di Bregenz

Recensione
classica
Royal Opera House (ROH) Londra
Carl Nielsen
19 Settembre 2005
Nonostante Maskarade sia divenuta per i danesi quello che Nabucco è per gli italiani, un opera nazionale scritta dal compositore nazionale, il lavoro di Nielsen è poco conosciuto al di fuori dei paesi scandinavi. Il problema principale non è tanto lo status internazionale di Nielsen, un nome che appare spesso nelle programmazioni sinfoniche, quanto linguistico, poiché si tratta di una commedia scritta in danese, ed è per questo motivo che al suo debutto al Covent Garden alla vigilia del centesimo anniversario il lavoro (scritto nel 1906) appare non in lingua originale, come di regola, ma in una traduzione inglese del regista David Pountney. Il libretto di Maskarade è basato su una commedia dagli spunti sociali scritta nel 1724 da Ludvig Holberg, il fondatore della letteratura danese, in cui gli ideali liberali dell'illuminismo, incarnati dalla festa in maschera, vengono posti a confronto con la tradizione conservatrice: allo stesso tempo una commedia sul gap generazionale nel confronto tra Jeronimus, che ha scelto una moglie per il proprio figlio, e quest'ultimo, Leander, che vuole seguire il proprio cuore e sposare una fanciulla incontrata al ballo (la quale si rivelerà convenientemente la prescelta dal padre), presenta anche nella figura di Henrik, il servitore, un precursore del Figaro mozartiano. L'ammirazione di Nielsen per Mozart era stato un fattore determinante nella scelta del soggetto, ma la collaborazione con Vilhelm Andersen aveva prodotto un libretto che si regge a stento, e l'inserzione di ampie scene di ballo nel terzo atto indeboliscono una struttura drammatica dove i personaggi, con l'eccezione forse di Henrik, rimangono figurine.  La partitura, perquanto lontana dalla profondità del Nielsen sinfonico, si rivela piena di delizie (l'overture, il finale del primo atto), ed il compositore riesce con non poche sottigliezze in quella che rimane un'arte rara e difficile, la comicità in musica.  La produzione di Pountney è un'esplosione di colori e joie de vivre, che ovvia alle carenze drammatiche e non tralascia l'opportunità di critica sociale, e tutto il cast si rivela eccellente, in particolare l'Henrik di Kyle Ketelsen, l'Arv di Adrian Thompson ed il Leonard di Robin Leggate. 

Interpreti: Jeronimus: Brindley Sherratt; Magdelone: Kari Hamnøy; Leander: Michael Schade; Henrik: Kyle Ketelsen; Arv: Adrian Thompson; Leonard: Robin Leggate; Leonora: Emma Bell; Pernille: Gail Pearson

Regia: David Pountney; Luci: Wolfgang Göbbel

Scene: Johan Engels

Costumi: Marie-Jeanne Lecca

Coreografo: Renato Zanella

Direttore: Michael Schønwandt

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