L'opera di Rossini che Stendhal maggiormente amava, quel "Tancredi" che esordì al Teatro La Fenice di Venezia nel 1813, è stata riproposta sul palcoscenico del Teatro Verdi di Trieste per la prima volta dopo l'unica rappresentazione del 1817 e le quattro del 1830. Nella riscoperta e recupero di uno dei titoli del compositore pesarese che non ha goduto della stabile notorietà del "Barbiere" o de "L'Italiana in Algeri" - come dire che "Tancredi" fino a due/tre decenni fa giaceva nel dimenticatoio - il Verdi è arrivato in ritardo rispetto alla maggior parte dei teatri italiani, ma non pare aver tratto particolare vantaggio dall'esperienza che in questi anni è stata altrove maturata in fatto di "Rossini-Renaissance". Ne è risultato uno spettacolo per molti versi pesante e statico, distante da quell'idea di candore che aveva affascinato lo scrittore francese. E dire che l'ambientazione voluta dal regista e scenografo Massimo Gasparon, riportando la vicenda mille anni indietro, tra i marmi lucenti della Roma imperiale, aveva inteso sottolineare il legame con la purezza di quel mondo antico che si ritrova nella tragedia classica e nelle tensioni interiori dei suoi eroi. In un contesto così nobile e austero era di fondamentale importanza una visione musicale che avesse piena consapevolezza stilistica e interpretativa del linguaggio rossiniano, cosa che in buona parte è mancata. Paolo Arrivabeni, alla guida di un'orchestra peraltro in qualche momento non perfettamente allineata, si è avvicinato in maniera approssimativa alla sensibilità da primissimo ottocento di un Rossini appena ventenne: perchè non puntare a una maggiore trasparenza strumentale, a una più attenta cura del dettaglio timbrico e dinamico? L'odierno lavoro di recupero dell'intera produzione rossiniana ha necessariamente portato a una maggiore attenzione ai recitativi, alla loro concertazione e alla scelta degli strumenti da usare, in vista del loro significato dal punto di vista musicale e drammaturgico. Viceversa i recitativi di questo "Tancredi" tergestino sono stati presentati piuttosto come meri momenti di riempimento all'interno della partitura, per non parlare dell'uso - per l'accompagnamento dei cantanti - di un clavicembalo industriale amplificato, il che ci riporta in una fase come minimo preistorica dell'interpretazione rossiniana. Tra una valutazione positiva della regia e una meno buona dell'interpretazione musicale si situa il cast vocale che ha partecipato alla rappresentazione: pienamente convicenti il Tancredi della ottima Daniela Barcellona e l'Amenaide dell'espressiva Mariola Cantarero; meno soddisfacente Charles Workman, un Argirio vocalmente troppo esuberante per Rossini, con qualche esitazione di troppo nei passaggi acuti. Buone le prove dei restanti Nicola Ulivieri (Orbazzano), Sonia Zaramella (Isaura), Daniela Pini (Roggiero) e del coro del Verdi. Pubblico non particolarmente folto ma generoso di applausi a scena aperta.
Note: Nuovo allestimento del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste
Interpreti: Argirio: Charles Workman (24, 26, 29, 31 gennaio) / Danilo Formaggia (28 gennaio - 1, 2, 4 febbraio); Amenaide: Mariola Cantarero (24, 26, 29, 31 gennaio - 2 febbraio)/ Paula Almerares (28 gennaio - 1, 4 febbraio); Tancredi: Daniela Barcellona (24, 26, 29, 31 gennaio - 2 febbraio) / Romina Basso (28 gennaio - 1, 4 febbraio); Orbazzano: Nicola Ulivieri (24, 26, 29, 31 gennaio - 2 febbraio) / Riccardo Zanellato (28 gennaio - 1, 4 febbraio); Isaura: Sonia Zaramella (24, 26, 29, 31 gennaio - 2 febbraio) / Dionisia Di Vico (28 gennaio - 1, 4 febbraio); Roggiero: Daniela Pini (24, 26, 29, 31 gennaio - 2 febbraio) / Giacinta Nicotra (28 gennaio - 1, 4 febbraio)
Regia: Massimo Gasparon
Scene: Massimo Gasparon
Costumi: Massimo Gasparon
Orchestra: Orchestra del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste
Direttore: Paolo Arrivabeni
Coro: Coro del Teatro Lirico "Giuseppe Verdi" di Trieste
Maestro Coro: Marcel Seminara