Sir András Schiff monumentale

A Torino con L’arte della fuga di Bach

András Schiff (Foto Nicolas Brodard)
András Schiff (Foto Nicolas Brodard)
Recensione
classica
Torino, Conservatorio «Giuseppe Verdi»
András Schiff
27 Novembre 2024

Fa il suo ingresso nerovestito, sorreggendosi a un bastone, un signore dai capelli bianchi; rivolge al pubblico un sorriso paterno, siede al pianoforte, inforca un paio di occhiali, poggia neghittosamente una mano sulla tastiera e comincia subito, senza preamboli, quasi ne avesse acchiappato il tema nell’aria, il primo Contrapunctus dell’Arte della Fuga di Bach. Finito il quale, Sir András Schiff – ché di lui si tratta – prende un microfono, si rialza in piedi e ci dice cos’ha appena suonato e cosa suonerà per la prossima ora e un quarto. «Bach è il più grande compositore della storia e L’Arte della Fuga è la sua più grande opera», benché non sia «pensata per il concerto» (e dunque richieda all’esecutore uno sforzo notevole, ma questo Schiff non lo dice) e benché sia incompiuta per sopravvenuta morte del compositore; anzi, proprio l’incompiutezza la rende, per Schiff, più commovente ancora. Passa poi a una vera e propria guida all’ascolto: mostra il tema, ne scompone gli intervalli, illustra le variazioni, le inversioni, le aumentazioni, le diminuzioni e tutta la materia di cui è fatto questo trattato di «scienza musicale». Tutto ciò perché, secondo Schiff, il programma di sala «è scritto senza amore: non leggetelo»: siano dunque ringraziati chi l’ha scritto e chi l’ha scelto, poiché ci hanno permesso di assistere a una lezione-modello per chiarezza divulgativa, sintesi e, soprattutto, amore. 

Di amore per questa musica è impregnata l’esecuzione cui Schiff dà avvio: un amore semplice, carezzato con mani ferme, senza uso del pedale, con un’intimità dovuta a una profonda conoscenza, e che ha del miracoloso se si pensa alla difficoltà di certi passaggi suonati come se fossero la cosa più naturale del mondo, come se fossero il dispiegarsi stesso della natura, galileianamente scritta in lingua matematica, da cui la costante spinta in avanti che pervade tutta l’Arte della Fuga come una lunga enunciazione di conseguenze logiche stringenti, senza pause, in un solo grande legato dispiegato da Schiff con calma, dolcezza e serenità olimpica, finché a metà di una frase, con altrettanta serenità, la musica s’interrompe, inghiottita dal Nulla.

                                                                                                                       

 

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