Più che un elisir atto a riscaldare cuori troppo capricciosi, a Parma – per l’ultimo titolo della stagione lirica invernale – sarebbe servito un efficace sciroppo contro il mal di gola, a giudicare dai cambiamenti subiti dal cast originario di questo nuovo allestimento del capolavoro di Donizetti. Cose che capitano. Infatti, dopo l’annunciata sostituzione del previsto Aquiles Machado che, previa presentazione di regolare certificato medico, ha lasciato il ruolo di Nemorino a Riccardo Botta, anche Domenico Trimarchi ha dovuto rinunciare alla “prima” a causa di una seria indisposizione influenzale. Al suo posto, i panni di Dulcamara sono stati indossati da Alfonso Antoniozzi, con una disinvoltura sicuramente da apprezzare. Per il resto “L’elisir d’amore” parmigiano è andato in scena come previsto, caratterizzato da un impianto scenico sobrio, che recuperava quello realizzato, sempre al Teatro Regio, nel 1988. Nica Magnani, dunque, si è occupata di scene e costumi anche per questa edizione, mentre la regia è stata affidata a Marcello Grigorov, ripresa dall’idea originaria di Francesca Zambello e attraversata di tanto in tanto da spunti troppo marcati (vedi la caratterizzazione di Belcore o gli interventi del mimo). Possiamo dire comunque che l’impianto generale ha retto alla prova del tempo, anche grazie a quella essenzialità che risiede nei pochi elementi presenti in palscoscenico, ad un uso delle luci (di Andrea Borelli) funzionale e a fondali che ricreavano atmosfere sostanzialmente adeguate. Tutto si è svolto in una cornice di colori tenui, spazi aperti che venivano puntualmente nascosti nei momenti drammaturgicamente più appartati da un piacevole sipario disegnato. Tra gli elementi più significativi troviamo il grande albero in mezzo alla scena lungo il pimo atto, la mongolfiera che porta al villaggio Dulcamara e la grande luna che incornicia Nemorino nella “furtiva lagrima”, alla quale viene sovrapposto subito dopo un sole sornione. La direzione musicale è stata gestita con brio – a parte qualche “dilatazione” nel secondo atto – da Alain Guingal alla guida di un’orchestra del Teatro Regio attenta. Inva Mula ha restituito una Adina di carattere, ma senza troppe sottigliezze, mentre Riccardo Botta ha proposto un Nemorino attento al fraseggio e alla gestione vocale ma che passava a in secondo piano nei momenti di insieme o di pieno orchestrale. Saldo nella sua bonaria boria militaresca il Belcore di Bruno De Simone mentre il Dulcamara di Antoniozzi ha dato prova – come già accennato – di una efficacia degna di nota. Sempre molto “corposo” il coro del Regio preparato da Martino Faggiani. Il pubblico ha tributato agli artisti impegnati un successo appena attraversato da qualche dissenso nei confronti del tenore, che ha raccolto comunque una buona affermazione personale. Resta da chiedersi quanto di Donizetti c’era in questo “Elisir”: forse l’essenza, o meglio l’essenziale necessario.
Note: nuova produzione ripresa dall'estimento del Teatro Regio del 1988
Interpreti: Mula, Botta, Antoniozzi/Trimarchi, De Simone, Gira
Regia: Marcello Grigorov, ripresa dall'idea originaria di Francesca Zambello
Scene: Nica Magnani
Costumi: Nica Magnani
Orchestra: Orchestra del Teatro Regio di Parma
Direttore: Alain Guingal
Coro: Coro del Teatro Regio di Parma
Maestro Coro: Martino Faggiani