Con l'Orlando Palatino, il Theater an der Wien conferma la sua volontà di proporre allestimenti di altissimo livello, con cast d'eccezione e scelte di repertorio originali. E il pubblico apprezza e ripaga. Harnoncourt e il suo Concentus Musicus mostrano per l'ennesima volta l'attualità della musica dei secoli passati, dispiegando una partitura ricca di suggestioni e stimoli. Fin dall'ouverture fanno presagire una serata musicale nel segno della varietà e della differenziazione: con perfetta intonazione sugli strumenti d'epoca propongono una lettura dinamica, espressiva, caratterizzata da agilità timbrica e sfarzo agogico. Come recentemente dichiarato in una conferenza stampa, la regia di Keith Warner si è lasciata ispirare dai luoghi viennesi. Questo la scena lo mostra esplicitamente. La follia e i mondi immaginari dell'Ariosto vengono ambientati nel Prater, lo storico luna park cittadino. Orlando arriva in sella a un cavallo da giostra, Angelica scende da uno scivolo e Caronte addirittura dalle montagne russe. Efficaci anche le scene nel labirinto degli specchi, nel tunnel degli orrori e al baracchino del tiro al bersaglio. Ma Vienna è anche la patria di Sigmund Freud. Ecco perché la maga Alcina (una sobria ma espressiva von Magnus) si trasforma in psicoanalista, e sul lettino cura i dubbi amorosi di Angelica (precisa e toccante Eva Mei), placa l'ira di Orlando (la parte sembra scritta apposta per un Kurt Streit in gran forma) e argina la sindrome del "cavaliere zelante" di Rodomonte (goffo al punto giusto il baritono basso di Lemalu). Il cast vocale è ottimo. Si muove sicuro e solido tra le arditezze della partitura e caratterizza in modo immediato le peculiarità drammatiche e comiche dei personaggi (degne di nota a proposito la prestazione di Banse e Schäfer).