Quesgli adorabili piccoli orrori

La trentaduesima edizione del "Festival Internazionale dell'Operetta" di Trieste si avvia alla conclusione con la messinscena alla Sala Tripcovich della deliziosa "Piccola bottega degli orrori", il musical con il quale nel 1988 la Compagnia della Rancia avviò la sua fortunata attività italiana e con il quale guadagnò il "Biglietto d'oro 1989". La compagnia marchigiana, in coproduzione con il Teatro "Verdi" ha riproposto ora il lavoro off-Broadway di Howard Ashman e Alan Menken in una nuova e più spettacolare trasposizione.

Recensione
classica
Festival Internazionale dell'Operetta Trieste
Alan Menken
03 Agosto 2001
La trentaduesima edizione del "Festival Internazionale dell'Operetta" di Trieste si avvia alla conclusione con la messinscena alla Sala Tripcovich della deliziosa "Piccola bottega degli orrori", il musical con il quale nel 1988 la Compagnia della Rancia avviò la sua fortunata attività italiana e con il quale guadagnò il "Biglietto d'oro 1989". La compagnia marchigiana, in coproduzione con il Teatro "Verdi" ha riproposto ora il lavoro off-Broadway di Howard Ashman e Alan Menken in una nuova e più spettacolare trasposizione, affidata a un formidabile team guidato dalla sapiente regia inventiva di Saverio Marconi, che si avvale delle coreografie di Fabrizio Angelini, delle scenografie accuratissime di Giancarlo Mancini, dei costumi coloratissimi di Zaira de Vincentiis e della vivace direzione musicale di Giovanni Maria Lori. Era il 1960 quando Roger Corman - come narra la leggenda - girò in soli due giorni "La piccola bottega degli orrori" che segnò l'esordio, in un piccolo e irresistibile ruolo (quello del paziente masochista), di un allora giovanissimo Jack Nicholson. Il remake a colori di Frank Oz, con Rick Moranis e Steve Martin, diede poi nel 1986 nuovo smalto e successo a tale commedia grottesca made in USA. Sorta di parodia ispirata ai "B-movies" anni '50-'60 americani (quelli di Ed Wood - per intenderci - o a cose tipo "L'invasione degli ultracorpi", ecc.), spesso un ingenuo mix di fantascienza e di horror casalinghi in ogni caso divertenti (oggi dei veri e propri "cult-movies"), la sua vicenda ruota intorno al ritrovamento da parte di un timido garzone-botanico di una apparentemente innocua piantina nana dallo strano aspetto, acquistata da un cinese in un giorno d'eclissi, che diventa in breve tempo l'attrazione di un desolato negozio di fiori della periferia di una città americana in procinto di chiudere i battenti e di licenziare i protagonisti. La piantina cresce a velocità incredibile, attrae i clienti, facendo lievitare improvvisamente gli affari del fioraio, ma ad un certo punto si scopre che la "cosa", per vivere, ha bisogno di sangue, di sangue umano: all'inizio sono solo poche gocce, poi iniziano a sparire le persone... Naturalmente la pianta vorace diventa enorme, un vero mostro: parla (imitando perfettamente la voce umana e invocando a ritmo martellato il "cibo") e cerca di papparsi tutti quanti con subdole manovre (in realtà è una cattivissima pianta aliena che riuscirà ad inghiottire tutti i protagonisti trasformandoli in altrettante piccole piantine carnivore). Intriso di humor e di ironia il musical è divertentissimo: uno spettacolo ricco di effetti, di battute esilaranti, dove si ride a crepapelle e si segue l'avvincente ritmo di rock che scandisce l'irrefrenabile suspence comica della pianta, battezzata Audrey II (animata dagli effetti speciali di Luigi Masini e resa viva dalla voce imperiosa di Benito Madonia), degli irragiungibili sogni della commessa Audrey (una musicalissima e dolce Rossana Casale, molto simile alla Monroe), del timido e occhialuto garzone Seymour (il bravo Manuel Frattini), del fioraio Mushnik (Carlo Reali, attore di gran classe) e del sadico dentista Orin alle prese con la sua maniacale "bottega degli orrori" dentaria (Felice Casciano). I dialoghi effervescenti e le canzoni adattate brillantemente da Michele Renzullo (compresa la ballata amorosa dell'eroina Audrey-Rossana Casale che, seduta sopra il bidone delle immondizie del sobborgo-Bronx in cui vive, canta il suo sogno di formare una famiglia con il timido garzone e di arredare una piccola casetta in cui siano presenti i comforts americani anni '50) fanno il resto di questo piacevole capolavoro, azzeccatissimo in ogni minimo dettaglio. Superfluo dire che la Compagnia della Rancia, di cui esiste ora pure un fan-club, ha guadagnato un travolgente successo di pubblico. Applausi densissimi.

Interpreti: Compagnia della Rancia

Regia: Saverio Marconi

Scene: Giancarlo Mancini

Costumi: Zaira De Vincentiis

Coreografo: Fabrizio Angelini

Orchestra: Orchestra del Teatro Lirico "G. Verdi" di Trieste

Direttore: Giovanni Maria Lori

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