Quartetti specchi di caratteri
Bologna: il Quartetto di Cremona attraversa un secolo di musica
Recensione
classica
Nervosismo. Nervosismo schizofrenico, fatto di dinamiche opposte (forte, piano, pianissimo, fino alla soglia dell’udibile), di salti improvvisi, di drammatiche e grumose dissonanze, sopite in timidi temi melodici, appena sussurrati, più un sospiro che un canto, poiché “uscir di pena è diletto fra noi”.
Nervosismo. Ecco il carattere che è primo ad emergere dalle note di Wolfgang Rihm, quelle del "Quartetto n.3 Im Innersten" (ascoltato la prima volta nel 1976), in questo gioco tra continuità (territoriale, culturale: tedesca) e discontinuità (storica) con quelle del "Quartetto in la minore op.41 n.1", scritte nel 1842 da Robert Schumann, e con il loro romanticismo compiuto, figlie di un idealismo il cui anelito verso l’infinito non teme l’espressione della gioia più pura, della fiducia dell’uomo nella propria grandezza spirituale, fino al languore di un Adagio che trascina il cuore dove le parole non arrivano più.
E così, in questo trittico di quartetti che è emblema di caratteri forti e chiari (eccezionalmente distinti in ogni loro sfumatura e diversità da un Quartetto di Cremona, capace d’infondere pathos in ogni suono), il "N.1 in re minore op.7" di Arnold Schoenberg, scavalcando intelligentemente ogni successione cronologica d’ascolto, chiude il programma, assolvendo – con coraggiosissima assunzione di responsabilità – la sua funzione di testimone: testimone del mondo cambiato. Uno Schoenberg ai primi capitoli del suo romanzo di formazione (siamo nel 1907), che raccoglie l’eredità del (post)romanticismo tedesco mentre già il suo (il nostro) Novecento si specchia nell’abisso dove ha osato gettarlo il filosofo “nato postumo”.
Interpreti: Quartetto di Cremona Cristiano Gualco, violino Paolo Andreoli, violino Simone Gramaglia, viola Giovanni Scaglione, violoncello
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