Pergolesi all'Olimpiade

L'ultima opera seria di Pergolesi presentata per la prima volta nella nuova edizione critica di Francesco Degrada e Claudio Toscani

Recensione
classica
Festival Pergolesi Spontini Jesi
Giovan Battista Pergolesi
29 Agosto 2002
Ultima opera seria di un Pergolesi appena venticinquenne ma già vicino a morire, L'Olimpiade è stata presentata per la prima volta in epoca moderna in una esecuzione filologicamente attendibile, basata sulla nuova edizione critica di Francesco Degrada e Claudio Toscani. Però non si è voluto essere filologici fino in fondo, come avrebbe consentito o addirittura preteso la sede del Pergolesi Spontini Festival, e si è cercato di mettere L'Olimpiade al passo con la nostra epoca, portandola a una durata non troppo impegnativa per le abitudini del pubblico attuale attraverso l'eliminazione di sei arie e la drastica riduzione dei recitativi, e inscenandola non in un teatro tradizionale ma nel Teatro Studio, in realtà una chiesa sconsacrata. L'azione si svolgeva sia sui quattro bracci di una pedana che attraversava per lungo e per largo l'unica navata, sia in alto nelle tre cantorie, mentre l'orchestra era collocata in fondo, nell'abside. Questo impianto scenico avrebbe offerto la possibilità di nuove e interessanti soluzioni teatrali, se la drammaturgia dell'opera seria settecentesca non si basasse sulla totale mancanza di azione e sulla immobilità quasi assoluta dei personaggi, che in una lunga serie di arie si fissano musicalmente e scenicamente su un unico affetto alla volta. Ma tutte le volte che Metastasio e Pergolesi offrivano il minimo appiglio, la regia di Italo Nunziata è riuscita nella impresa sovrumana di imprimere delle accelerazioni all'azione e di spingerla fino a grandi climax drammatici, sfruttando al meglio questo spazio suggestivo ma difficile. Ma in molte situazioni tutto quello che era possibile inventare consisteva nel far camminare i personaggi avanti e indietro per la pedana, a vuoto. La situazione era resa più difficile dalla totale mancanza delle scene, essenziali nella drammaturgia dell'opera seria settecentesca per compensare con la loro varietà la staticità dell'azione e per fornire le indicazioni fondamentali alla comprensione dell'aggrovigliatissima trama, e dalla uniformità dei costumi, che rendeva quasi impossibile identificare i quattro protagonisti, verdi le due donne, rossi i due uomini, tutti con la stessa parrucca un po' punk, gialla con striature rosse e verdi. D'altronde sarebbe bastato ascoltare la prima aria, quando il cantante era inevitabilmente rivolto a uno dei quattro settori in cui era diviso il pubblico e dava le spalle agli altri, per cominciare a chiedersi se era stato giusto rinunciare alla collocazione teatrale tradizionale. Ma tutti i cantanti si sono fatti comunque apprezzare. Veramente perfetta era Laura Polverelli (Licida) per la padronanza stilistica che le permetteva di condensare gli affetti in una potente immagine vocale e scenica. Inappuntabile anche Gabriella Costa (Argene). La quasi debuttante Masha Carrera (Megacle) ha cantato con purezza e lirismo l'aria più famosa dell'opera, "Se cerca, se dice", ma non è riuscita a dominare completamente le vertiginose agilità di "Torbido in volto". D'altronde perfino la grande esperienza e la tecnica scaltrita di Gemma Bertagnolli non sono bastate a evitarle asprezze e disuguaglianze nella diabolica aria "Tu me da me dividi". Bravissima Sonia Prina, che ha dato grande rilievo anche alle due arie di un personaggio secondario come Alcandro. Bene anche i tenori Mark Milhofere e Mirko Guadagnini. Ottavio Dantone ha diretto l'ottima Accademia Bizantina, differenziando quasi ogni nota con fraseggi e dinamiche mobilissime ma d'altra parte ha rischiato di uniformare le prime arie con tempi sempre estremamente veloci, per poi trovare la giusta varietà espressiva man mano che Pergolesi stesso cominciava a individuare maggiormente le diverse situazioni drammatiche.

Note: Coproduzione con i teatri di Ravenna, Modena, Piacenza e Reggio Emilia

Interpreti: Guadagnini, Bertagnolli, Costa, Polverelli, Carrera, Milhofer, Prina

Regia: Italo Nunziata

Scene: Luigi Scoglio

Costumi: Ruggero Vitrani

Orchestra: Accademia Bizantina

Direttore: Ottavio Dantone

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