A Parigi Manon negli anni ‘20
Splendida prova del tenore Benjamin Bernheim
Val la pena di assistere allo spettacolo anche solo per sentire Benjamin Bernheim cantare il ruolo del Cavaliere des Grieux, il tenore francese lo interpreta in modo impeccabile, tecnicamente e per immedesimazione nel personaggio. Da manuale la sua interpretazione dell’aria sognante, in cui il giovane pregusta con estrema dolcezza la sua vita futura con Manon, “En fermant les yeux, je vois là-bas… “, alla fine del secondo atto, cantata con un filo di voce, delicatissima, che ha strappato applausi a scena aperta per i suoi pianissimi soavi ma ben timbrati, sopratutto profondamente toccanti. E nell’atto successivo Bernheim è altrettanto convincente nell’esprimere stavolta tutto il suo tormento interiore, qundo aveva deciso di prendere i voti, nell’altra sua celebre aria “Ah ! Fuyez douce image”, confermandosi come uno dei massimi interpreti oggi di Massenet, e non solo. Lo si potrà sentire sino al 6 giugno, poi il ruolo passerà ad un’altro ottimo tenore per questo repertorio, Robero Alagna. Inizialmente anche il ruolo di Manon doveva essere diviso tra due soprano, Nadine Sierra e Amina Edris, ma infine è quest’ultima che è la protagonista in tutte le rappresentazioni. Delusione quindi per chi attendeva la coppia Sierra-Bernheim, anche se la Edris ha fatto del suo meglio. Il soprano d’origine egiziana ha sfoggiato bei legati, acuti ben proiettati e una grande cura dei vocalizzi, è indubbiamente brava ma la sua voce un po’ scura e aspra manca un po’ di quella dolcezza e civetteria indispensabile per essere pienamente il personaggio di Manon. Ma sono tanti i bei momenti anche della Edris, quelli più intimi come quando canta “Allons! Il le faut... Adieu, notre petite table” e sopratutto quelli più drammatici, più adatti alla sua voce, quando muore. Alcuni piccoli momenti intimi tra i due amanti, come quando “fanno casetta” sotto il lenzuolo abbracciandosi, sono poi pure davvero deliziosi.La produzione è quella creata nel 2020 per l’Opéra dei Paris da Vincent Huguet con le scene di Aurélie Maestre
che sposta la storia nella Parigi degli anni ruggenti, quella di Josephine Baker, anche con inserti musicali dell’epoca. L’idea è interessante ma avrebbe potuta essere realizzata meglio: gli ambienti art déco sono eleganti ma poco caratterizzati e non riescono a trasmettere in pieno il fascino e la bellezza della Ville Lumiere in quegli anni folli, e lo stesso può dirsi dei costumi di Clémence Pernoud e delle coreografie di Jean-François Kessler, entrambi un po’ troppo semplificati. Sul podio il giovane maestro Pierre Dumoussaud pure non arriva a trovare la dinamica giusta per rendere fluida la complessa partitura di Massenet che, oltretutto, scritta per l’Opéra Comique, prevede già tante interruzioni al canto. L’Orchestra dell’Opéra dei Paris riesce a dare il suo meglio nelle parti liriche ben supportando gli interpreti, è l’insieme che sembra mancare di una direzione forte e un’idea interpretativa chiara. Ma è un piacere sentire anche gli altri cantanti principali, a cominciare dal basso Nicolas Cavallier che interpreta ottimamente il padre, il Conte des Grieux, e poi c’è il baritono Andrzej Filończyk che è un solido cugino Lescaut dal bel timbro e molto musicale. Tra i tanti ruoli minori, si fa notare il trio di giovani ragazze allegre Poussette, Javotte e Rosette interpretate rispettivamente dal soprano Ilanah Lobel-Torres e dai mezzosoprano Marine Chagnon e Maria Warenberg. E merita un plauso la Joséphine garbata ed ironica dell’artista Danielle Gabou. Buoni anche gli interventi del coro diretto dal maestro Ching-Lien Wu. La bravura degli interpreti fa dimenticare l’eccessiva povertà delle scene che nel caso della chiesa di Saint Sulpice sono ridotte ad due enormi quadri ed infine nel quinto atto si limitano a due muri che i prigionieri hanno ricoperto di graffiti, che nemmeno le luci colorate di Christophe Forey, che cerca di vivacizzarle, riescono a migliorare. La tensione drammatica raggiunge il suo acme con Manon che muore tra le braccia del suo des Grieux commuovendo tutti ed assicurando il successo dello spettacolo che alla première si è chiuso con applausi scroscianti verso gli interpreti, un po’ meno verso il regista ed il suo staff creativo.
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