Ning Feng incantatore con l’integrale dei “Capricci”
A Trieste il violinista cinese ha meravigliato con Paganini e Stradivari
Ning Feng per “Chamber Music” al Teatro Miela di Trieste ha meravigliato, lasciando tutti in religioso silenzio, increduli all’ascolto di una prova musicale che ad essere buoni può dirsi impegnativa. Ma l’integrale dei “Capricci” di Niccolò Paganini è molto più di una prova impegnativa, significa calarsi in una maratona violinistica di ventiquattro numeri dove non solo impera un virtuosismo oltre misura nel compendio di tutte le difficoltà tecniche allo strumento. È poesia, lirismo, idillio, canto. Per cui non è possibile raggiungere il risultato atteso, l’incredulità ed il rapimento del pubblico, volendo far primeggiare l’una di queste caratteristiche a dispetto dell’altra. Se Paganini non ripete e non è ripetibile, si leggano le cronache per capirlo, pochissimi anche oggi hanno i mezzi e le abilità per affrontare l’integrale dal vivo del suo testamento.
Ning Feng c’è riuscito ed in modo del tutto personale, attraverso l’inestimabile Stradivari del 1710 “Vieuxtemps Hauser”, un arco Thomastik-Infeld viennese e tante doti, mai scomposto nonostante slegamenti e coordinamenti su tempi proibitivi, stregando per istrionismo e ammaliando per la compunta pulizia di suono. Mai una titubanza, un’eccedenza o mancamento, tutt’altro. Intonazione perfetta sempre, dinamiche calibratissime, da “pianissimo” che erano respiri a “fortissimo” turbolenti nel tripudio di scale, arpeggi, doppie, triple e quarte note, staccati, legati, rimbalzi, pizzichi in qualsivoglia modo. È poeta e affabulatore, senza voler strafare pur costretto quando la scrittura lo impone, ha mantenuto quell’empireo equilibrio laddove lo sfoggio virtuosistico asseconda il pathos espressivo e viceversa.
Non ce n’è uno tra questi studi in cui Feng abbia reso meno rispetto al precedente o al successivo. La sua coerenza d’interpretazione è stata maestra d’eleganza caratterizzata da uno spirito audace, il suo, così brillante da far rifulgere di nuove auree non solo i numeri più noti, come il n. 5 Agitato in la minore, il 6 detto “Il trillo”, il 9 “La caccia”, con gli effetti di corni e flauti, e via fino all’ultimo, il 24 Tema con variazioni in la maggiore che ha ispirato, come gli altri, larga parte dei compositori del periodo. Magistrali anche i meno gettonati: il quarto Maestoso, il Posato settimo, il Moderato quattordicesimo, con gli accordi e un andamento a fanfara, quelli con gli usi sostenuti sulla corda di sol, come il diciotto, o di re come il ventesimo, quasi delle riscoperte.
Feng ne ha eseguiti dodici alla volta di “Capricci”, con una breve pausa tra i due cicli e una liberazione finale del pubblico che si è espresso in applausi scrocianti. Un talento verace il quarantunenne cinese che in gioventù, quanto a concorsi internazionali, ha vinto tutto quello che meritava vincere: il “Queen Elizabeth”, il “Menuhin”, il “Michael Hill”, il “Paganini”. Una discografia la sua per Channel Classics che annovera interpretazioni dal Barocco ai giorni nostri, compresi i “24 Capricci” registrati nel 2020 ed una carriera di tournée in tutto il mondo.
Dopo sette stagioni di esecuzioni della summa paganiniana, ovunque conclamato, si vocifera che questa di Trieste sia una tra le sue ultime esecuzioni dal vivo con questo programma. Distensivo il bis dopo un impeccabile concerto da rapsodo di destrezze: l’Andante dalla “Sonata per violino n. 2” di Johann Sebastian Bach.
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